SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. GIORGIO PARDI
Personalmente non ho limitazioni di tipo religioso, però anch’io all’inizio ho avuto parecchi dubbi sull’accordare l’assistenza riproduttiva a questo tipo di coppie. Oggi devo dire che, alla luce della sensibile modificazione del rischio sia per la trasmissione verticale sia per l’assistenza neonatale, sono più possibilista: con una terapia farmacologica e con il taglio cesareo il rischio di far nascere un bambino infetto è sceso al 2% e comunque le nuove terapie hanno dimostrato di essere efficaci fin dalla nascita. Per questo credo che il problema dovrebbe essere valutato caso per caso dai singoli Comitati etici. Anche perché, come molto spesso accade, le regole troppo ferree sono fatte per essere aggirate.
La riproduzione assistita è il mezzo per offrire alla donna più probabilità di rimanere incinta. Una delle tecniche classiche è di selezionare gli spermatozoi e di iniettarli nell’utero. E su questo, ripeto, nel caso di una donna Hiv+ o di una coppia di sieropositivi, il comitato etico del San Paolo ha dato parere negativo. Se però una donna Hiv positiva va dal ginecologo e gli chiede un monitoraggio dell’ovulazione per sapere quando ha maggiori possibilità di rimanere incinta, il ginecologo come deve comportarsi? Voglio dire, non tutto è classificabile come bianco o nero: c’è una fascia grigia che ci obbliga ad un’attenta valutazione caso per caso.
Che fare, dunque? Secondo me per accordare una riproduzione assistita bisognerebbe seguire la stessa strada delle adozioni. Una coppia non può liberamente adottare un figlio: va dal giudice minorile e si sottopone ad una valutazione che stabilisce se è idonea all’adozione o meno. Anch’io vorrei avere la possibilità di verificare se questa coppia è idonea o meno ad accedere alla riproduzione assistita.
Rimane da esaminare l’ultimo capitolo, maschio sieropositivo – donna sieronegativa. Grazie ad un trattamento particolare di filtro e di lavaggio, il virus contenuto nello sperma può essere eliminato. Questo ci consente di proporre due tecniche di riproduzione assistita, perfettamente legali e riconosciute. La prima prevede il prelievo degli spermatozoi migliori che, dopo essere appunto stati lavati, vengono introdotti nell’utero nel momento dell’ovulazione. La seconda è una fecondazione in vitro: gli spermatozoi migliori, lavati dal virus, vengono uniti ad un ovulo prelevato dalla donna.
Con queste tecniche, dall’89 ad oggi, a Milano abbiamo fatto nascere 300 bambini e, anche se statisticamente non è possibile dimostrare la sicurezza delle tecnica, finora nessuna donna si è infettata e nessun bambino è nato infetto.