domenica, 30 giugno 2024
Medinews
10 Settembre 2001

L’INFEZIONE DA HIV

La distribuzione geografica stimata da UNAIDS inerente il numero dei viventi con infezione da HIV alla fine del 2000 è riportata graficamente in figura, dalla quale si evince che oltre il 95% dei pazienti sieropositivi vive nei Paesi in via di sviluppo del Sud del Mondo, in particolare in Africa e nel Sud-Est asiatico.
Se è vero che il maggior numero di infetti vive nel Sud-Est asiatico ed in Africa, è indubbio che quest’ultimo continente paga il tributo maggiore in termini di prevalenza nella popolazione, che vive ancora oggi una fase di rapida crescita soprattutto nelle regioni centro-meridionali del continente, dove raggiunge tassi superiori al 20% nella popolazione adulta in alcuni Paesi quali il Botswana e lo Zimbabwe.
La infezione da HIV/AIDS rappresenta oggi la prima causa di morte nel continente africano, rappresentando il 20,4% dei decessi nella popolazione adulta. In assenza di correttivi alla attuale situazione, numerosi Paesi del continente africano andranno incontro ad alterazioni drammatiche del proprio assetto anche demografico, con importante diminuzione della aspettativa di vita e modifica della piramide sanitaria. Tra questi Paesi, particolarmente drammatica appare la situazione di Botswana, Zimbabwe e Sud Africa, dove l’infezione da HIV colpisce il 20-30% della popolazione adulta. Tale zona del mondo rappresenta anche il bacino privilegiato delle nuove infezioni che si verificano nel Mondo e che vengono stimate in 5.3 milioni ogni anno, prevalentemente per via sessuale.
per via sessuale.
La particolare vulnerabilità del continente africano alla infezione da HIV ha molteplici cause sia di natura strutturale che economica e sociale. Tra queste, c’è sicuramente l’elevata prevalenza nella popolazione africana di altre Malattie a Tramissione Sessuale, sia di natura ulcerativa (sifilide, herpes, etc.) che non ulcerativa (gonorrea, candidosi, trichomoniasi, etc.), che aumentano di almeno 4-5 volte sia l’infettività del partner sieropositivo che la suscettibilità del partner non infetto.
Inoltre, la caratteristica clinico-epidemiologiche della infezione-malattia da HIV nei Paesi in via di Sviluppo in generale, e nel continente africano in particolare, è rappresentata dalla attuale inaccessibilità ai presidi terapeutici (HAART) che hanno condizionato la clamorosa riduzione della morbosità e della mortalità nei Paesi industrializzati. Ciò riconosce motivazioni di natura economica, logistica e biologica. Sotto il profilo economico basti ricordare che, ai costi attuali, la spesa sanitaria necessaria per assicurare il trattamento HAART a tutti i pazienti sieropositivi corrisponde allo 0.06% del Prodotto Interno Lordo (PIL) in Svizzera, ma a ben il 300% del PIL in Zimbabwe, rendendo tale strategia attualmente improponibile nei Paesi a risorse limitate. Dopo il processo in Sud Africa, nel corso del quale le Aziende produttrici di farmaci ad azione antiretrovirale si sono impegnate a consentire la vendita a prezzo ridotto delle molecole di loro proprietà nei Paesi a risorse limitate, esiste la speranza che tale barriera economica possa essere, almeno parzialmente e in alcuni specifici Paesi, superata. Sotto il profilo logistico, le infrastrutture sanitarie di numerosi Paesi in via di sviluppo sono oggi impreparate a sostenere capillarmente l’esecuzione dei complessi esami di natura viro-immunologica e biochimica necessari alla valutazione dell’efficacia e della tossicità della terapia. Sotto il profilo biologico, inoltre, la circolazione di ceppi virali differenti e dell’HIV-2, unitamente alle preoccupazioni inerenti alla compliance dei pazienti in condizioni estreme suscitano preoccupazioni circa la possibilità di una rapida insorgenza di fenomeni di farmaco-resistenza. La comunità scientifica si sta oggi interrogando sulla migliore strategia da adottare per garantire il diritto etico alla cura ai numerosi milioni di pazienti infetti da HIV nei Paesi in via di sviluppo.


L’andamento dell’epidemia in Europa

L’andamento del numero di casi di AIDS conclamato in Europa ha subito globalmente una drammatica riduzione dal momento in cui è stata resa disponibile la HAART nel 1996, anche se non è da sottovalutare il ruolo giocato dalla riduzione dell’incidenza delle nuove infezioni osservata a partire dalla fine degli anni ’80.
Se l’ottimistico quadro messo in rilevo dalla figura 2 si riferisce sostanzialmente all’andamento della epidemia nei Paesi dell’Europa occidentale, differente è invece la situazione che si osserva nei Paesi dell’Europa Centrale e Orientale. In quest’ultima, in particolare, si è di recente assistito ad un impressionante aumento dell’incidenza di nuove infezioni, soprattutto nelle comunità di persone tossicodipendenti in Ucraina, Russia, Bielorussia ed altri Paesi dell’ex-Unione Sovietica.
Tale situazione è evidentemente fonte di preoccupazione, anche con riferimento al contemporaneo aumento della incidenza di altre infezioni a trasmissione sessuale (sifilide, gonorrea), osservato di recenti in tali Paesi e soprattutto nella Repubblica russa.
La situazione italiana

Anche in Italia, così come in Europa e nel complesso dei Paesi occidentali, l’introduzione della HAART nella pratica clinica ha consentito di ridurre sostanzialmente la morbosità e mortalità per AIDS dal 1996. Al 30 giugno 2001 erano stati segnalati in Italia 48.488 casi di AIDS e la stima di persone viventi alla stessa data affetti da infezione da HIV era di 104.000. Dopo un periodo di netta diminuzione dell’incidenza, si assiste adesso alla tendenza ad una stabilizzazione del numero di nuovi casi di AIDS che vengono segnalati trimestralmente al Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità.
Da segnalare l’elevata incidenza del fattore di rischio sessuale (soprattutto eterosessuale) tra i nuovi casi AIDS, dei quali oltre la metà non era al corrente del proprio stato di sieropositività al momento della diagnosi di AIDS. In relazione a ciò è anche l’elevata proporzione di pazienti che giungono alla diagnosi di AIDS senza aver mai ricevuto una pregressa terapia antiretrovirale (62,7% dei nuovi casi di AIDS segnalati nel corso dell’anno 2000). Il ritardato accesso alla terapia antiretrovirale da parte dei pazienti che hanno acquisito l’infezione per via eterosessuale riflette probabilmente la mancata consapevolezza del rischio specifico, ben conosciuto al contrario e tenuto sotto controllo nell’ambito delle comunità di persone tossicodipendenti
L’andamento dei casi di AIDS in Italia non è uniformemente distribuito sul territorio nazionale, ma presenta un gradiente Nord-Sud, con tassi di incidenza per 100.000 abitanti massimi per le Provincie di Brescia (9.4), Ravenna (9.1) e Lecco (8.3)
Per quanto riguarda l’incidenza delle nuove infezioni da HIV, i dati disponibili da parte del sistema di sorveglianza sentinella attualmente operativo in alcune regioni (Veneto, Friuli, Lazio) e Province italiane (Modena, Trento) segnalano una tendenza globale alla diminuzione di incidenza, essenzialmente dovuta alla netta diminuzione della circolazione della infezione tra i tossicodipendenti, ma una stabilizzazione se non una tendenza all’aumento di incidenza della infezione per via eterosessuale.Le prospettive future

Nei Paesi industrializzati, l’epidemia di infezione da HIV mostra evidenti segni di rallentamento sia in termini di circolazione della infezione che in termini di morbosità grazie alla adozione dei più moderni presidi terapeutici. Tuttavia, sono da guardare con apprensione alcuni preoccupanti segnalazioni che riportano un sostanziale aumento dell’incidenza della infezione nelle comunità omosessuali di alcune città USA che potrebbero costituire la spia di una diminuita attenzione alla problematica specifica della infezione da HIV nelle comunità a rischio. Inoltre, particolare attenzione deve essere rivolta alla possibile diffusione di ceppi virali farmaco resistenti che potrebbero ridurre l’effetto di lungo termine delle terapie antiretrovirali anche nei Paesi occidentali dove l’accesso ai farmaci è garantito.
Ma è soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che l’epidemia non mostra ad oggi alcun segno di rallentamento. Nonostante le difficoltà di ordine economico, logistico e strutturale siano evidentemente imponenti, esiste l’imperativo etico per il Mondo occidentale di mettere a disposizione tutte le proprie risorse per cercare di porre un freno al dilagare della epidemia nei Paesi a risorse limitate.

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