domenica, 30 giugno 2024
Medinews
10 Settembre 2001

LE EPATITI B E C, LA SITUAZIONE IN ITALIA

Le infezioni da virus epatite B e C decorrono senza dare sintomi nella maggior parte delle persone affette, ma circa il 20% di loro dopo 20-30 anni di infezione cronica può sviluppare cirrosi ed epatocarcinoma, malattie in grado di ridurre drammaticamente la qualità e l’aspettativa di vita. In Italia si stima che vi siano almeno centomila persone affette da cirrosi epatica e che ogni anno almeno 9.000 persone muoiano per queste malattie causate, per la maggior parte, dalle infezioni croniche da virus dell’epatite. Ancora più rilevante è l’impatto delle epatiti virali croniche sulla spesa sanitaria: almeno 1.000 miliardi di spesa ospedaliera con più di 70.000 ricoveri l’anno in reparti per acuti e più di 400 miliardi di spesa farmaceutica. L’incidenza dei casi di epatocarcinoma, la manifestazione terminale di questa patologia che colpisce ogni anno il 2-3% dei pazienti che sviluppano cirrosi, è in costante incremento.
Questi dati sono il risultato:
· dell’elevata diffusione dell’infezione da HBV correlata alle scarse condizioni igienico sanitarie in cui versava gran parte della popolazione Italiana fino agli anni 60
· da due diverse ondate epidemiche per l’infezione da HCV: una di vaste proporzioni che si è estesa a cavallo tra la seconda guerra mondiale e gli anni 70, correlata al diffuso impiego di terapie iniettive a somministrazione parenterale (endovenosa ed intramuscolare) e alle trasfusioni di sangue, e una di proporzioni più modeste registrata tra gli anni 70 e 80 nelle zone industriali ed urbanizzate e correlata all’uso di droghe per via endovenosa
Per fortuna l’elevata prevalenza delle epatiti virali croniche nella popolazione italiana è legata ad eventi ormai superati e per questo si è notato un lento e progressivo declino dei nuovi casi acuti di epatite virale B e C in ragione dell’introduzione della vaccinazione obbligatoria anti HBV, del quasi “azzeramento” delle epatiti post trasfusionali e della maggiore attenzione all’impiego delle misure universali di prevenzione delle malattie trasmesse tramite sangue. Dal 1986 al 1999 l’incidenza dell’epatite B acuta è passata dal 12 al 3 per 100.000, mentre quella dell’epatite non A non B (con positività per anti HCV maggiore del 60% al momento dell’ospedalizzazione) dal 4 all’1 per 100.000.
Le epatiti a trasmissione parenterale hanno quindi subito nel corso degli anni un’importante riduzione di incidenza da ascrivere a fattori di natura socio-economica e sanitaria: miglioramento del tenore di vita e dei livelli igienici, nuclei famigliari di dimensioni più ridotte, introduzione dello screening per anti HCV delle donazioni di sangue, test di screening per HBV e HCV sempre più sensibili, diffusione dell’impiego di siringhe monouso e – non ultimo – va segnalato l’impatto delle campagne di informazione contro l’AIDS. Tuttavia l’analisi dei fattori di rischio nei casi residui di epatite acuta consente di individuare “i gruppi a rischio” e i comportamenti sui quali va diretta l’attività preventiva. I rapporti sessuali con più di un partner rappresentano il fattore di rischio più frequentemente riportato, in aumento negli ultimi anni, per le infezioni sostenute dal virus B. Seguono poi altri tipi di esposizione parenterale: l’uso di droghe endovena, i trattamenti medici o chirurgici, trattamenti estetici, tatuaggi, agopuntura sono tutti fattori implicati anche nella trasmissione del virus C.
La vaccinazione obbligatoria anti HBV ha contribuito in parte e soprattutto contribuirà in futuro a questa riduzione di incidenza.
Anche i programmi di prevenzione fondati sull’informazione del rischio di trasmissione sessuale e su metodi efficaci di sterilizzazione e mantenimento degli strumenti, usati durante i trattamenti medico chirurgici ed estetici, sono di fondamentale importanza.
Tuttavia, malgrado sia prevedibile una riduzione dei nuovi casi nella popolazione, il vasto serbatoio di infetti obbligherà il nostro sistema a confrontarsi con il problema delle epatiti virali per molti anni.

La conoscenza della storia naturale di queste malattie ha consentito di individuare alcuni fattori comportamentali che aggravano il decorso delle epatiti virali: per questo occorre sottolineare a chi è affetto da epatite virale cronica la necessità di non assumere alcool e di mantenere un peso corporeo equilibrato correggendo con la dieta eventuali alterazioni dei parametri metabolici alterati come la glicemia, la colesterolemia e la trigliceridemia.

Tra i fattori associati ad una progressione molto rapida verso la cirrosi è la coinfezione da HIV e purtroppo circa il 60% dei sieropositivi italiani ha una coinfezione da almeno un virus epatite. In ragione del decremento della mortalità e morbilità per le complicanze dell’infezione da HIV un numero sempre crescente di pazienti HIV positivi si ricovera o muore per le complicanze dell’infezione da epatite: almeno un terzo delle morti nei pazienti sieropositivi per HIV è associata ad epatopatia in fase terminale. Per questo il problema della prevenzione, diagnosi e terapia dell’epatopatia nei pazienti HIV+ sta diventando di scottante attualità.
Notevoli progressi sono stati fatti nel campo della terapia: oggi abbiamo a disposizione trattamenti in grado di guarire il 20-30% dei pazienti con epatite B e più del 50% dei pazienti con epatite C. Purtroppo si tratta di terapie con importanti effetti collaterali e che quindi vanno riservate ai casi che presentano elevato rischio di evoluzione in cirrosi.

Diversa modalità di trasmissione e storia naturale hanno i virus a trasmissione oro fecale tra cui il principale è il virus dell’epatite A, e in misura minore il virus dell’epatite E presente in paesi tropicali a basso livello socio-economico. Nessuna di queste infezioni cronicizza e la sola manifestazione clinica è data dall’epatite acuta. Negli ultimi decenni esiste un trend al decremento dei casi di epatite acuta A dovuto al miglioramento delle condizioni igieniche della popolazione. Tuttavia ancora attualmente si registrano dai 1700 ai 10.000 casi l’anno di epatite acuta A; questo numero oscilla nel tempo in base a focolai epidemici per lo più legati al consumo di frutti di mare. Una quota sempre più rilevante di nuovi casi è correlata con gli spostamenti in aree tropicali e subtropicali di soggetti giovani. Esiste oggi un vaccino per l’epatite A che presenta costi ancora elevati per essere esteso a tutta la popolazione ma che è sicuramente consigliabile a chi si reca nei paesi tropicali o subtropicali.
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