domenica, 7 luglio 2024
Medinews
1 Giugno 2013

SPECIALE ASCO 2013 – N. 1, 01/06/2013

Chicago, 1 giugno 2013

LA LOTTA AI TUMORI MINACCIATA DAI TAGLI FINANZIARI, AL VIA IL 49MO CONGRESSO ASCO

Gli avanzamenti nella cura contro il cancro sono a rischio a causa della recente riduzione di finanziamenti alla ricerca biomedica americana. Su questa tematica si è aperto, oggi a Chicago, il 49mo Congresso Annuale ASCO, in programma da oggi fino al 4 giugno. Riunisce oltre 30.000 oncologi da tutto il mondo, 5.000 studi presentati, centinaia di giornalisti accreditati. È un’occasione per fare il punto sulle terapie, i miglioramenti della sopravvivenza, i nuovi trattamenti, la medicina personalizzata, i farmaci ‘mirati’ in grado di combattere nel modo più preciso possibile il tumore da cui si è colpiti, l’impegno sulla prevenzione e gli sforzi crescenti per assicurare una migliore qualità della vita ai malati. Ma anche la sostenibilità per i sistemi sanitari di terapie sempre più costose. “Grazie al sistema basato sui trial clinici abbiamo ottenuto numerosi vantaggi che hanno consentito di migliorare le condizioni di milioni di persone affette da cancro, – afferma il presidente dell’asco Sandra M. Swain – ma rischiamo che questo progresso si arresti di fonte ai problemi di budget: i tagli draconiani alla ricerca biomedica rallenteranno infatti i progressi raggiunti in un momento di richiesta sempre crescente in tutto il mondo di trattamenti nuovi e specifici”. Solo quest’anno moriranno di cancro oltre 7,6 milioni di persone e le stime parlano di oltre 12 milioni di malati previsti per il 2030. I finanziamenti del National Health Institute of Health (NHI) statunitense sono al livello più basso dal 2011. “Diventa quindi difficile assicurare un avanzamento scientifico volto a migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei malati oncologici.” Ha concluso il presidente Swain. Negli ultimi tre anni, sono stati raggiunti grandi progressi sui farmaci biologici, sulle terapie ‘mirate’ per determinati geni espressione di alcuni tipi di tumore, in particolare polmone e seno, un significativo incremento dell’aspettativa e della qualità della vita nei principali tipi di cancro. Nel 2011 in America si è registrato il nuovo record di malati che sopravvivono al tumore: 12 milioni, il 20% in più rispetto al 2001, nel 1971 erano solo 3 milioni.

IN ITALIA MILLE DIAGNOSI DI TUMORE AL GIORNO: IL POLMONE È IL “BIG KILLER”

Ogni giorno mille persone in Italia scoprono di avere un cancro. 500 malati muoiono. Nel 2012 la somma ha raggiunto i 175mila casi (99.000 tra gli uomini e 76.000 nelle donne). Sono i dati diffusi dall’AIOM all’ASCO, che ha aperto i lavori ieri. I tumori rappresentano la seconda causa di morte nel nostro Paese (30% del totale dei decessi), dopo le malattie cardio-circolatorie (38%). Il “big killer” è quello al polmone (34.500 casi), seguito da: colon-retto (quasi 20.000), seno (13.000), stomaco (11.000) e prostata (7.900). Tra gli uomini, il carcinoma del polmone risulta la prima causa di morte oncologica in tutte le fasce di età,: rappresenta il 15% dei decessi tra i giovani (0-49 anni), il 31% tra gli adulti (50-69) e il 26% tra gli ultrasettantenni. Tra le donne, il tumore della mammella si colloca al primo posto in tutte le categoria: è responsabile del 28% dei decessi tra le giovani, del 21% tra le adulte e infine del 14% nelle ultrasettantenni. In Italia, però, vivono circa 2.250.000 persone (oltre il 4% della popolazione residente), con una precedente diagnosi di tumore: 1.000.000 sono maschi (44%) e circa 1.250.000 donne (56%). Il 21% (470.000), ha scoperto di essere malato negli ultimi due anni. Un altro 22% (circa 490.000 casi) da 2 a 5 anni prima. Il 23% (oltre 520.000) ha invece ricevuto la diagnosi dai 5 ai 10 anni fa. In totale, il 57% dei casi (1.285.680 persone, il 2,2% della popolazione italiana) è rappresentato dai cosiddetti lungo-sopravviventi: persone con una diagnosi di tumore che risale ad oltre 5 anni fa.

STUDIO RANDOMIZZATO DI FASE III, IN DOPPIO CIECO, DI PAZOPANIB VS PLACEBO DOPO CHEMIOTERAPIA DI PRIMA LINEA IN DONNE CON CANCRO EPITELIALE OVARICO AVANZATO SENZA PROGRESSIONE

La terapia di mantenimento con pazopanib ha offerto un beneficio significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione (PFS) nelle pazienti con cancro epiteliale ovarico avanzato, delle tube di Falloppio o peritoneale primario (AEOC). Pazopanib è un inibitore multichinasico orale di VEGFR-1, VEGFR-2, VEGFR-3, PDGFR-α e PDGFR-β e c-Kit. Studi preclinici e clinici hanno confermato VEGF(R) e PDGF(R) quali target di trattamento dell’AEOC. Gli investigatori dello studio internazionale di Intergruppo, AGO-OVAR16, in doppio cieco, di fase III, hanno valutato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità della terapia di mantenimento con pazopanib in pazienti che non avevano mostrato progressione dopo chemioterapia di prima linea di AEOC. A questo scopo, hanno randomizzato (1:1) pazienti con AEOC confermato istologicamente, in stadio FIGO II-IV e nessuna evidenza di progressione dopo resezione chirurgica e ≥ 5 cicli di chemioterapia contenente derivato del platino e taxano, a pazopanib (800 mg una volta al giorno) o placebo per un tempo massimo di 24 mesi. Endpoint primario era la PFS, misurata con i criteri RECIST; endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS), la PFS misurata con i criteri GCIG, la sicurezza e la qualità di vita. La maggior parte delle 940 pazienti randomizzate presentava tumore in stadio III/IV (91%) alla diagnosi iniziale e nessuna malattia residuale dopo la chirurgia (58%). Il tempo mediano dalla diagnosi alla randomizzazione è stato di 7.1 mesi nel braccio randomizzato a placebo e di 7.0 mesi in quello a pazopanib. Il follow-up mediano è stato di 24 mesi. Le pazienti nel braccio a pazopanib hanno mostrato una PFS prolungata, rispetto al placebo (HR = 0.766, IC 95%: 0.64 – 0.91; p = 0.0021; mediane rispettivamente di 17.9 vs 12.3 mesi). Le analisi di sensibilità e di sottogruppo della PFS e l’analisi della PFS, secondo i criteri GCIG, erano concordi con l’analisi primaria. La prima analisi ad interim della OS (solo 189 eventi di OS pari al 20.1% della popolazione) non ha indicato differenze tra i due bracci. Nello studio presentato al 49mo Congresso Annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) (leggi abstract), l’esposizione media a pazopanib è risultata più breve rispetto al placebo (8.9 vs 11.7 mesi) e il trattamento con pazopanib è stato associato a una più alta incidenza di eventi avversi e di eventi avversi gravi (26 vs 11%), rispetto al placebo. I più comuni eventi avversi sono stati ipertensione, diarrea, nausea, cefalea, fatigue e neutropenia; eventi avversi gravi, fatali, sono stati descritti in 3 pazienti in trattamento con pazopanib e in una paziente nel braccio a placebo. In conclusione, la terapia di mantenimento con pazopanib ha offerto un beneficio significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione nelle pazienti con tumore avanzato epiteliale ovarico, delle tube di Falloppio e peritoneale primario, ma non è ancora possibile fornire dati di sopravvivenza globale. Il profilo di sicurezza di pazopanib in quest’ambito è concorde con quanto precedentemente osservato.

STUDIO ERACLE CON PEMETREXED E CISPLATINO IN PRIMA LINEA SEGUITO DA PEMETREXED VS CARBOPLATINO-PACLITAXEL E BEVACIZUMAB SEGUITO DA BEVACIZUMAB NEL TUMORE NSCLC AVANZATO NON SQUAMOSO

Lo studio multicentrico, randomizzato, di fase III, orientato alla qualità di vita (QoL), del Gruppo Oncologico Italia Meridionale (GOIM) suggerisce un profilo migliore della salute (indice di EQ5D; EQ5D-I) nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) in stadio avanzato dopo 12 settimane di terapia con cisplatino e permetrexed seguita da mantenimento con pemetrexed (CP-mP), rispetto alla terapia con carboplatino, paclitaxel e bevacizumab, seguita da mantenimento con bevacizumab (CbTBe-mBe). In assenza di una chemioterapia oncogenica, per il tumore avanzato NSCLC, non squamoso, rimangono regimi palliativi che mostrano efficacia e sopravvivenza comparabili. L’istotipo, la terapia di mantenimento e la QoL sono state esaminate al fine di migliorare l’outcome’ dei pazienti. Lo studio ERACLE, uno studio di fase III orientato alla QoL, è stato disegnato per comparare la QoL in due regimi di chemioterapia. Nello studio, presentato al 49mo Congresso Annuale dell’ASCO (leggi abstract), sono stati randomizzati (1:1) pazienti con tumore NSCLC, non squamoso, in stadio IIIB/IV (performance status ECOG 0/1) alla chemioterapia di prima linea: il braccio A ha ricevuto 6 cicli di cisplatino (75 mg/m2) e pemetrexed (500 mg/m2) ogni 3 settimane, seguito da terapia di mantenimento con pemetrexed (mP; 500 mg/m2), mentre il braccio B ha ricevuto carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (200 mg/m2) in associazione a bevacizumab (15 mg/kg) ogni 3 settimane per 6 cicli e mBe (15 mg/kg). Entrambe i trattamenti sono stati somministrati fino a progressione della malattia, tossicità inaccettabile o morte. La stratificazione si è basata sul centro di studio e sullo stadio della malattia. Endpoint co-primari erano EQ5D-I e EQ5D-VAS (con questionario Euro-QoL) a 12 settimane durante la terapia di mantenimento; endpoint secondari erano la QoL nel tempo, l’attività e la sicurezza nei due bracci di chemioterapia. Un campione di 49 pazienti per braccio (senza progressione durante chemioterapia iniziale e durante la terapia di mantenimento per almeno 12 settimane) è stato scelto per dimostrare il 91% di possibilità di avere una differenza minima interessante (MID) di 12 punti tra i due bracci all’EQ5D-VAS e l’87% di possibilità di trovare una MID di 0.137 tra i bracci in EQ5D-I. Nello studio si è assunto che circa il 20% dei pazienti in entrambe i bracci abbia sviluppato progressione della malattia prima di valutare l’endpoint primario. Il campione dello studio è stato quindi aumentato a 118 pazienti. Nello studio ERACLE, tra gennaio 2011 e marzo 2012, sono state randomizzate 118 pazienti a CP (n = 60) o CbTBe (n = 58). Le caratteristiche demografiche basali erano ben bilanciate tra i due bracci: in totale 74% maschi; 79% performance status ECOG 0 e 94% in stadio IV. Le differenze di trattamento (variazione media dal basale), con EQ5D-VAS = 1.82 (IC 95%: da -8.60 a 12.24; p = 0.73), EQ5D-I = 0.15 (IC 95%: 0.01 – 0.29), hanno favorito il braccio A. In conclusione, il trattamento CP-mP ha mostrato un migliore (sopra il MID) profilo di salute (EQ5D-I) a 12 settimane, rispetto a CbTBe-mBe. La EQ5D-VAS, invece, non ha evidenziato differenze significative tra i due bracci di trattamento.

QUANDO MENO È MEGLIO: SICUREZZA ED EFFICACIA DI TRASTUZUMAB E CHEMIOTERAPIA METRONOMICA ORALE A BASSO DOSAGGIO IN PRIMA LINEA NELLE PAZIENTI CON TUMORE MAMMARIO AVANZATO HER2-POSITIVO

La combinazione di trastuzumab con chemioterapia metronomica orale a basso dosaggio nelle pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo ha mostrato attività clinica. La tollerabilità è eccellente e permette di prolungare la somministrazione della combinazione. L’attività clinica della combinazione tra chemioterapia e trastuzumab nel tumore mammario avanzato HER2-positivo è stata già documentata. Gli investigatori del Gruppo Oncologico Italia Meridionale (GOIM) hanno tuttavia presentato al 49mo Congresso Annuale dell’ASCO (leggi abstract) i primi risultati di uno studio di fase II relativi ai dati di attività e sicurezza della combinazione di trastuzumab con chemioterapia metronomica (capecitabina e ciclofosfamide) in prima linea nel tumore mammario avanzato HER2-positivo. Le pazienti, alla prima recidiva o che presentavano metastasi sincrone, sono state trattate con trastuzumab (4 mg/kg, dose di carico 6 mg/kg) in associazione a capecitabina orale (1500 mg al giorno) e ciclofosfamide (50 mg al giorno). Endpoint primario era il tasso di risposta globale (ORR), mentre endpoint secondari erano il tempo alla progressione (TTP), il tasso di beneficio clinico (CBR: risposta parziale [PR] + risposta completa [CR] + prolungata stabilizzazione della malattia [SD] per ≥ 24 settimane) e la tollerabilità. È stato applicato il disegno ottimale in due stadi. Nello studio sono state arruolate 31 pazienti con tumore mammario avanzato misurabile, con punteggio +3 positivo a HER2 o FISH+, nessuna delle quali era stata pretrattata con chemioterapia o trastuzumab per la malattia in stadio avanzato; 28 casi erano effettivamente disponibili per la valutazione della risposta e della tossicità. L’età mediana era 59 anni (range: 42 – 87) e metastasi viscerali erano presenti nella maggior parte delle pazienti (61%). Il numero mediano di cicli somministrato era 12 (range: 1 – 37+). L’ORR è risultato pari al 61% (IC 95%: 41 – 78), con 1 CR (3.6%) e 16 PR (57.1%), mentre 9 pazienti hanno manifestato SD prolungata (32%). Il CBR è risultato pari all’82.1% (IC 95%: 63 – 94). Sono state osservate 5 progressioni (18%) e il TTP mediano è risultato di 7 mesi (range: 2 – 19+). Dieci pazienti hanno ricevuto più di 20 cicli di terapia. Le tossicità più gravi sono state sindrome mano-piede di grado 2 (n = 4), anemia di grado 2 (n =4), nausea di grado 2 (n = 2) e diarrea di grado 3 (n = 1); tossicità cardiaca di grado 2 si è manifestata in una paziente, ma nessun caso di alopecia è stato riportato. In conclusione, la combinazione di trastuzumab con chemioterapia metronomica a basso dosaggio per via orale ha mostrato attività clinica sul tumore mammario avanzato HER2-positivo. La tollerabilità è stata ottimale e ha permesso la somministrazione prolungata della combinazione. L’arruolamento delle pazienti è tuttora in corso per raggiungere il target prestabilito di 66 pazienti.

VALUTAZIONE A LUNGO TERMINE DEGLI EVENTI CARDIACI CORRELATI A TRASTUZUMAB NELLO STUDIO HERA

Dopo 8 anni di follow-up, l’incidenza di eventi cardiaci durante il trattamento adiuvante con trastuzumab rimane bassa e gli eventi sono per la maggior parte reversibili. La disfunzione cardiaca correlata a trastuzumab può manifestarsi in pazienti trattate con terapia adiuvante ed è quasi sempre reversibile. Gli investigatori dello studio internazionale HERA (Herceptin Adjuvant) hanno esaminato l’outcome’ a lungo termine (8 anni) delle pazienti con disfunzione cardiaca trattate con trastuzumab adiuvante in questo studio randomizzato, a tre bracci, che ha comparato 1 vs 2 anni di terapia con trastuzumab, rispetto a sola osservazione, nel tumore mammario iniziale HER2-positivo. Le pazienti eleggibili presentavano frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) ≥ 55% all’entrata nello studio (cioè dopo completamento della chemioterapia (neo)adiuvante, somministrata in associazione o meno a radioterapia). La funzione cardiaca è stata strettamente monitorata durante tutto lo studio. L’analisi, relativa a un follow-up mediano di 8 anni, presentata al 49mo Congresso Annuale dell’ASCO (leggi abstract), ha preso in considerazione le pazienti randomizzate a 1 o 2 anni di terapia con trastuzumab o a osservazione. In totale, 5102 pazienti sono state randomizzare allo studio HERA. La popolazione considerata per la valutazione della sicurezza ‘as treated’ fa riferimento a 1673 pazienti trattate per 2 anni con trastuzumab, a 1682 trattate per 1 anno con trastuzumab e a 1744 sotto osservazione. Eventi cardiaci che hanno portato a interruzione del trattamento con trastuzumab nei bracci a 1 e 2 anni sono stati osservati rispettivamente nel 5.2 e 9.4% delle pazienti. Le percentuali di decesso per cause cardiache (0.1 vs 0 vs 0.2%, con osservazione vs 1 anno vs 2 anni di trastuzumab), scompenso cardiaco congestizio (CHF) grave (rispettivamente 0 vs 0.8 vs 0.8%) e riduzione significativa confermata di LVEF (rispettivamente 0.9 vs 4.1 vs 7.2%), è rimasta bassa in tutti i tre bracci. Nel braccio a 1 anno di trastuzumab, il 71.4% delle pazienti con CHF grave e l’81.2% di quelle con riduzione confermata di LVEF ha recuperato la funzionalità cardiaca (almeno 2 successive valutazioni di LVEF > 50%); il tempo mediano di recupero è stato rispettivamente di 9.7 e 6.3 mesi. Nel braccio a 2 anni di trastuzumab, l’87.5% delle pazienti con riduzione confermata di LVEF ha recuperato la funzionalità cardiaca, con un tempo mediano di recupero di 8.3 mesi. In conclusione, dopo un follow-up mediano di 8 anni l’incidenza di eventi cardiaci durante terapia adiuvante con trastuzumab è rimasta bassa e gli eventi sono risultati per la maggior parte reversibili. Questi dati confermano il basso numero di eventi cardiaci quando trastuzumab è somministrato come parte della terapia adiuvante nelle pazienti con tumore mammario iniziale HER2-positivo.

FOLFOXIRI/BEVACIZUMAB VS FOLFIRI/BEVACIZUMAB NEL TRATTAMENTO DI PRIMA LINEA DEI PAZIENTI CON TUMORE METASTATICO DEL COLON-RETTO INOPERABILE: RISULTATI DELLO STUDIO TRIBE DI FASE III

Il primo regime di trattamento, comparato al secondo, aumenta significativamente la sopravvivenza libera da sopravvivenza (PFS) e il tasso di risposta (RR). Analisi di sottogruppo suggeriscono una possibile interazione tra la chemioterapia adiuvante e il beneficio di PFS. Due trattamenti similari in combinazione con bevacizumab rappresentano al momento l’opzione standard per la terapia di prima linea del tumore metastatico del colon-retto, tuttavia FOLFOXIRI in prima linea ha mostrato un’efficacia superiore in termini di RR, PFS e sopravvivenza globale (OS), rispetto a FOLFIRI. Anche uno studio di fase II ha suggerito attività e tossicità controllabile della combinazione di FOLFOXIRI/bevacizumab. Oggetto dello studio italiano TRIBE, condotto dal Gruppo Oncologico Nord-Ovest (GONO), era confermare la superiorità di FOLFOXIRI vs FOLFIRI quando bevacizumab venga aggiunto alla chemioterapia. I criteri di eleggibilità allo studio includevano: tumore metastatico del colon-retto misurabile e non operabile, età compresa tra 18 e 75 anni, nessuna precedente chemioterapia per la malattia in stadio avanzato. Nello studio presentato al 49mo Congresso Annuale dell’ASCO (leggi abstract), i pazienti sono stati randomizzati a FOLFIRI/bevacizumab (braccio A) o FOLFOXIRI/bevacizumab (braccio B); entrambe i regimi di trattamento sono stati somministrati per un massimo di 12 cicli, seguiti da 5-fluorouracile (5FU)/bevacizumab fino a progressione della malattia. Endpoint primario era la PFS. Tra luglio 2008 e maggio 2011 sono stati randomizzati 508 pazienti. Le caratteristiche dei pazienti erano: età mediana 60 vs 61 anni (braccio A vs braccio B), performance status ECOG 1-2 11 vs 10%, metastasi sincrone 81 vs 79%, localizzazioni multiple della malattia 74 vs 70%, malattia solo epatica 18 vs 23%, precedente terapia adiuvante 12 vs 12%. A un follow-up mediano di 26.6 mesi, 424 pazienti avevano mostrato progressione e 244 sono deceduti. La PFS e OS mediane nella popolazione ‘intention-to-treat’ (ITT) sono risultate rispettivamente di 10.9 e 30.9 mesi. Il regime FOLFOXIRI/bevacizumab ha significativamente prolungato la PFS (mediana 9.7 vs 12.2 mesi; HR 0.73, IC 95%: 0.60 – 0.88; p = 0.0012). Analisi di sottogruppo, basate su fattori di stratificazione (performance status, precedente terapia adiuvante) e caratteristiche basali (sito del tumore primario, malattia solo epatica, resezione del tumore primario, punteggio Kohne), non hanno evidenziato interazioni significative tra trattamento e fattori analizzati. Un trend verso un effetto più pronunciato di FOLFOXIRI/bevacizumab è stato osservato nel gruppo che non aveva ricevuto precedente terapia adiuvante (HR 0.68, IC 95%: 0.55 – 0.83) rispetto al gruppo che l’aveva ricevuta (HR 1.18, IC 95%: 0.67 – 2.08; p di interazione = 0.071). Anche il tasso di risposta, misurato con criteri RECIST, era significativamente migliore (53 vs 65%; p = 0.006). Il regime FOLFOXIRI/bevacizumab non ha aumentato il tasso di resezione secondaria R0 nella popolazione ITT (12 vs 15%; p = 0.327) o nel gruppo che presentava solo malattia epatica (28 vs 32%; p = 0.823). In conclusione, il regime FOLFOXIRI/bevacizumab, comparato a FOLFIRI/bevacizumab, ha significativamente prolungato la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta. L’analisi di sottogruppo suggerisce una possibile interazione tra la precedente chemioterapia adiuvante e un beneficio di sopravvivenza (PFS). Il tasso di resezione secondaria non differisce tra i due bracci di trattamento.

Fonte ASCO
Supplemento ad AIOM News
Editore Intermedia
Direttore responsabile Mauro Boldrini

Lo speciale ASCO 2013 è reso possibile grazie a un educational grant di Boehringer-Ingelheim
TORNA INDIETRO