SINTESI DELL’INTERVENTO DEL DOTT. ANDREA POLI
La prassi suggerita dalle recenti linee guida e dalla stessa “nota” della CUF, di impiegare le statine in relazione al rischio globale di malattia coronarica del soggetto da trattare (e non al suo valore della colesterolemia, come era usuale tempo addietro), massimizza poi il “guadagno” connesso all’uso di questi farmaci in termini di eventi clinici evitati. Il rapporto tra costi e benefici associato all’uso dei farmaci ipolipidemizzanti, se impiegati nei soggetti ad alto rischio, è infatti particolarmente favorevole. Il costo necessario per evitare un evento coronarico fatale o non fatale è infatti dell’ordine dei 50 milioni di lire, e ciò rende questo intervento tra i più interessanti attualmente possibili in medicina preventiva. I costi sociali, sanitari e personali causati dagli eventi che una prevenzione cardiovascolare efficace può evitare sono infatti certamente superiori a tale valore. Un simile criterio di impiego rende inoltre più favorevole anche il rapporto effetti terapeutici/effetti avversi nel paziente trattato, limitando le probabilità di comparsa degli effetti collaterali che le statine, seppure raramente, possono causare. Questi effetti, in genere rappresentati da modesti e transitori aumenti delle transaminasi e delle CPK, possono, con una frequenza pari a circa l’uno per mille, comportare un danno muscolare significativo. Molto più raro è invece il quadro clinico della rabdomiolisi.
Impiegate secondo i moderni criteri preventivi, pertanto, queste molecole hanno un favorevole rapporto costi/benefici, e rappresentano strumenti di notevole importanza nella prevenzione degli eventi clinici della malattia aterosclerotica.