domenica, 30 giugno 2024
Medinews
17 Maggio 2002

LA MALATTIA DI PARKINSON

La dopamina è un mediatore chimico indispensabile per un controllo efficace e preciso dei movimenti di tutto il corpo. Anatomicamente si riscontra una degenerazione selettiva delle cellule nervose produttrici di questo neurotrasmettitore, localizzate in una piccola zona del cervello denominata “sostanza nera”.

I Sintomi.
I sintomi della malattia compaiono quando la perdita di cellule nervose produttrici di dopamina è dal 30 all’80%. La perdita dell’attività inibitoria della dopamina determina la predominanza del sistema eccitatorio antagonista (colinergico), alterando l’equilibrio necessario per la fluidità e l’armonia del movimento.
Di solito il male colpisce prima un lato del corpo, per poi colpire dopo mesi o anni anche l’altro. Nella maggioranza dei casi, oltre i 2/3, il segno tipico è il tremore, presente a riposo ed esasperato da stress o emozioni. Nel 10% dei casi la malattia inizia con la rigidità muscolare, che come il tremore, può interessare un solo lato (emiparkinson) od entrambi. La rigidità si evidenzia dai movimenti “a scatto” e rallentati (bradicinesia). Segni meno frequenti sono disturbi dell’andatura (a piccoli passi), perdita della mimica facciale, dolori muscolari, perdita del movimento delle braccia, disturbi della scrittura, eloquio lento e depressione.

Evoluzione. Il processo di progressione della malattia varia da persona a persona, anche se si possono individuare due stadi principali:
· un primo periodo, di circa cinque anni (cosiddetto “luna di miele” terapeutica), durante il quale la malattia è facilmente controllabile con un’adeguata terapia;
· un secondo periodo, in cui insorgono maggiori difficoltà nel controllo dei sintomi a causa di complicanze legate alla terapia stessa (malattia scompensata).

Cause. Le possibili cause della malattia sono tuttora argomento di ricerca. Anche se non è stato possibile dimostrare casi di Parkinson indotto da virus, oggi si è però certi che dipende sia da una componente genetica (20%) che da una ambientale (80%). Per quanto riguarda la componente genetica, studi recenti su decine di migliaia di gemelli monozigoti, dal dopoguerra ad oggi, hanno dimostrato una bassa concordanza (uno dei due era sano) nel caso di sviluppo della malattia dopo i 55-60 anni. La concordanza sale, invece, se la malattia insorge prima dei 50 anni. Per componente ambientale intendiamo tutto ciò che “incontriamo”: l’aria, i virus, i batteri, l’alimentazione, cioè tutti i contatti al di fuori del patrimonio genetico. In alcune aree particolarmente inquinate (dove vengono utilizzati pesticidi, erbicidi, idrocarburi o altre sostanze in grado di indurre parkinsonismo) la prevalenza è maggiore. Nonostante l’apparenza, infatti, alcuni dati non italiani evidenziano una maggiore diffusione in campagna piuttosto che in città, probabilmente a causa dell’utilizzo di erbicidi e diserbanti per il miglioramento e l’incremento delle colture. I pozzi artesiani sono considerati, spesso, a rischio per quello che riguarda intossicazioni da metalli pesanti o da altre sostanze.
Vi sono inoltre patologie con caratteristiche simili al Parkinson, la cui causa è nota e che hanno un decorso variabile. Una percentuale non trascurabile (8%) è di origine aterosclerotica. Inoltre, esse includono neoplasie, infezioni del cervello (encefaliti) avvelenamento da sostanze tossiche (manganese, monossido di carbonio o cianuro), ed il Parkinson “pugilistico” causato da traumi (diagnosticato, ad esempio, a Muhammad Ali). Sintomi parkinsoniani possono essere indotti anche da farmaci, quali tranquillanti, antinausea ecc. Tali disordini non sono associati ad una perdita di cellule nervose, e sono soggetti a remissione alla sospensione dell’assunzione del farmaco.
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