domenica, 30 giugno 2024
Medinews
25 Giugno 2024

Linfoma a cellule mantellari: acalabrutinib più chemio-immunoterapia in prima linea ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 27%

I risultati positivi dello studio di Fase III ECHO mostrano che acalabrutinib, in combinazione con bendamustina e rituximab, ha ottenuto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante di sopravvivenza libera da progressione (PFS) e una tendenza favorevole di sopravvivenza globale (OS) rispetto alla chemio-immunoterapia (bendamustina più rituximab) standard di cura nei pazienti con linfoma a cellule mantellari (MCL) non precedentemente trattati.
I risultati sono stati presentati durante la late-breaking oral session al Congresso 2024 della European Hematology Association (EHA) a Madrid, Spagna.
I risultati mostrano che il regime di combinazione con acalabrutinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 27% rispetto alla chemio-immunoterapia standard di cura (rapporto di rischio [HR] 0,73; intervallo di confidenza [CI] 95% 0,57-0,94; p=0,016).
La PFS mediana è risultata di 66,4 mesi nei pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib (n=299) rispetto a 49,6 mesi con la chemio-immunoterapia standard di cura (n=299).
L’endpoint secondario di OS mostra una tendenza favorevole per la combinazione con acalabrutinib rispetto alla chemio-immunoterapia standard di cura, confermando ulteriormente il beneficio clinico di questa combinazione (HR 0,86; CI 95% 0,65-1,13; p=0,2743).
I dati di OS non erano maturi al momento dell’analisi e lo studio continuerà a valutare OS come endpoint secondario.
I dati di sicurezza hanno inoltre confermato come la combinazione con acalabrutinib sia ben tollerata dai pazienti.
Lo studio ECHO ha permesso di arruolare pazienti con MCL anche durante la pandemia da COVID-19. Per valutare l’impatto della pandemia sugli outcome dello studio, è stata condotta un’analisi pre-specificata con censura per i decessi correlati a COVID-19.
La PFS è migliorata per il braccio che prevede la combinazione con acalabrutinib, con una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte del 36% (HR 0,64; CI 95%; 0,48-0,84; p=0,0017). La PFS mediana non è stata raggiunta nei pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib rispetto a 61,6 mesi con la chemio-immunoterapia standard di cura (HR 0,64, CI 95%, 0,48-0,84; p=0,0017). In questa analisi è stata inoltre confermata una tendenza favorevole di OS per i pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib (HR 0,75; CI 95% 0,53-1,04; p=0,0797).

Il Professor Pier Luigi Zinzani, Ordinario di Ematologia dell’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “L. e A. Seràgnoli” dell’IRCCS Policlinico Sant’Orsola di Bologna, principal investigator e membro dello Steering Committee dello studio ECHO, afferma: “Per i pazienti con linfoma a cellule mantellari, una forma tipicamente aggressiva di linfoma non-Hodgkin, i risultati dello studio ECHO offrono la promessa di una nuova opzione terapeutica efficace  per gli adulti che superano i 65 anni, che rappresentano la maggioranza dei pazienti con linfoma a cellule mantellari. Il miglioramento della sopravvivenza libera da progressione osservato nei pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib rispetto alla chemio-immunoterapia dimostra il suo potenziale nel modificare lo standard di cura come unico inibitore di BTK in questo setting di prima linea”.

Susan Galbraith, Executive Vice President, Oncology R&D, AstraZeneca, dichiara: “I dati dello studio ECHO dimostrano importanti progressi nel miglioramento dei risultati per i pazienti con linfoma mantellare. I 16,8 mesi in più che i pazienti possono vivere senza che la malattia progredisca sono altamente significativi dal punto di vista clinico, insieme a una tendenza al miglioramento della sopravvivenza globale. Crediamo perciò che acalabrutinib più chemio-immunoterapia sarà una nuova opzione terapeutica importante per i pazienti con questa patologia”.

La sicurezza e la tollerabilità di acalabrutinib sono risultate coerenti con il profilo di sicurezza già noto e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. Gli eventi avversi (AEs) di grado ≥3 per tutte le cause si sono verificati nell’88,9% (n=264) dei pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib e nell’88,2% (n=262) dei pazienti trattati con la chemio-immunoterapia standard di cura, includendo la fibrillazione atriale di grado ≥3 nel 3,7% (n=11) e 1,7% (n=5) dei pazienti, ipertensione di grado ≥3 nel 5,4% (n=16) e 8,4% (n=25), emorragia grave di grado ≥3 nel  2,0% (n=6) e 3,4% (n=10),e infezioni di grado ≥ 3 nel 41,1% (n=122) e 34,0% (n=101), rispettivamente. Gli AEs gravi e di grado 5 sono risultati bilanciati nei bracci (69% [n=205] rispetto al 62% [n=184], e 12,1% [n=36] rispetto al 10,1% [n=30], rispettivamente). Gli AEs che hanno causato l’interruzione sono stati osservati nel 10,4% (n=31) e 6,4% (n=19) dei pazienti con la combinazione con acalabrutinib e con placebo rispettivamente. Nello studio sono stati riscontrati AEs legati a COVID-19, tra cui gli eventi di grado 5 che si sono verificati nel 9,4% (n=28) dei pazienti trattati con la combinazione con acalabrutinib e nel 6,7% (n=20) di quelli trattati con la chemio-immunoterapia standard di cura.
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