SINTESI DELL’INTERVENTO DEL DOTT. MAURIZIO VECCHIONI
Nella preadolescenza ed adolescenza aumenta progressivamente la sfera di autonomia del giovane (più tempo passato fuori casa, maggiore disponibilità di denaro da spendere anche in “passatempi alimentari”). Questi ultimi, tuttavia, si trovano spesso a competere con altre forme di passatempo e, per i più grandi, con consumi meno comprimibili di quelli alimentari: abbigliamento e musica. A partire dalla preadolescenza infatti i giovani elaborano una cultura indipendente da quella degli adulti e spesso manifestamente contrapposta ad essa. Se consideriamo tre aspetti importanti di questa cultura – musica, abbigliamento e alimentazione – che corrispondono anche a importanti settori merceologici, troviamo piena conferma delle modalità originali, irrituali e provocatorie che assumono. Sarebbe dunque strano che nei costumi alimentari gli adolescenti mostrassero una docile conformità agli stili ordinati e razionali (si fa per dire) degli adulti. L’alimentazione, a differenza di altre forme della cultura giovanile, sembra tuttavia essere meno pervasiva, essendo legata prevalentemente ai momenti di vita extradomestica, di simbiosi con il gruppo dei pari e di consumo on the road. Più che di mode è possibile parlare allora di tendenze alimentarli influenzate dal packaging dei prodotti, dalla loro porzionabilità e condivisibilità nel gruppo, da sensazioni gustative intense, forti e “costruite”. Tendenze che possono manifestarsi secondo una modalità incorporativa alquanto incontenibile e tipica dell’età (verranno esaminati una serie di esempi). In fondo il rapporto fondamentale con il cibo avviene ancora con la dispensa domestica. Qual è quindi il ruolo delle scelte familiari nel determinare le abitudini alimentari dei giovani, nel promuovere un senso del gusto artificiale, inflessibile, incapace di cogliere le sfumature? Che ruolo hanno le mense scolastiche nel processo di costruzione (o distruzione?) del gusto? Certamente i prodotti industriali, nonostante l’apparente numerosità delle marche e dei prodotti, in realtà promuovono un’offerta appiattita e monocorde, che si può ricondurre a pochissime tipologie fondamentali. In età giovanile il pericolo per gli stili alimentari non viene tanto o solo dalle “mode”, collegate in modo profondo ad esigenze di formazione dell’identità adolescenziale. Il vero pericolo, che parte già dall’infanzia, è che con l’alimentazione industriale si perda progressivamente la capacità di orientamento al gusto, la flessibilità e la molteplicità delle sensazioni note e accettate. E’ necessario riflettere sulla necessità di prevedere spazi di valorizzazione dei cibi e delle loro caratteristiche organolettiche (‘la cucina dei giorni di festa”) che, senza criminalizzare le inevitabili scelte di praticità della donna, tendano al recupero di un rapporto con il cibo non esclusivamente funzionale.