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Medinews
13 Marzo 2001

LA TUBERCOLOSI

In Grecia è citata nelle opere di Galeno e di Ippocrate. Risalgono alla Scuola Salernitana (medio evo) le prime indicazioni igieniche in merito alla malattia ed al XVI secolo precise cognizioni della sua contagiosità, idea peraltro già citata in passato da Ippocrate. È soprattutto alla fine del XIX secolo, con la scoperta di Kock (1882), che inizia l’era della conoscenza scientifica della malattia, superando altre teorie fino ad allora considerate, che ritenevano la tubercolosi una malattia ereditaria (Laennec) o neoplastica (Virchow). Sempre nello stesso periodo, Forlanini studia e mette in pratica il primo tentativo di terapia con il pneumotorace terapeutico.
Il XX secolo è caratterizzato da un grande impegno per la prevenzione della malattia, attraverso la diagnosi precoce, l’isolamento e la cura degli infetti. Nel 1927 viene presentato il vaccino BCG (Calmette e Guérin); nel 1944 si scopre la streptomicina, successivamente l’isoniazide ed infine, nel 1965, la rifampicina. La malattia tubercolare, che nell’Ottocento ha avuto la massima diffusione, tende ormai nei paesi dell’Europa e del Nord America ad essere considerata un problema sanitario di secondo piano, anche se i flussi migratori dal terzo mondo e l’infezione da HIV stanno provocando un suo ritorno. Tuttavia va considerato che nel resto del mondo la gravità dell’infezione tubercolare rimane altissima: tra gli 8 ed i 10 milioni di nuovi malati all’anno, con 3-4 milioni di morti. La tubercolosi deve essere considerata allo stesso modo delle altre malattie infettive: come queste, diffondendosi in una popolazione “vergine” ha un suo picco di diffusione, superato il quale il livello d’infezione declina. A differenza delle comuni malattie infettive, nelle quali questo avviene in poco tempo, dell’ordine di settimane o mesi, per la tubercolosi si considera che siano necessari 300 anni perché la malattia completi il suo ciclo (Grigg). Nell’arco di tale periodo si distinguono tre fasi di diffusione:
1. una fase iniziale, caratterizzata da elevata morbosità (rapidità di contrarre l’infezione) e mortalità, corrispondente alla rapida diffusione in una popolazione vergine
2. una fase di “transizione”, nella quale la mortalità decresce, ma la morbosità ed il tasso di infezione (svelato dalla positività alla tubercolina), sono ancora in aumento
3. una fase “endemica“, con riduzione sia della mortalità che della morbosità e del tasso di infezione, con spostamento dell’età della prima infezione dall’infanzia all’età adulta.
In Europa e Nord America la fase di diffusione della tubercolosi corrisponde all’inizio della rivoluzione industriale (XVIII secolo), quando si hanno massicci fenomeni di urbanizzazione insieme ad una caduta del livello igienico delle popolazioni. Possiamo pertanto considerare queste regioni ormai al termine dei 300 anni indicati da Grigg come tempo necessario per il compiersi del ciclo. In Italia il primo periodo documentabile di diffusione della malattia (secondo Omodei Zorini), corrisponde agli anni tra il 1887 ed il 1928, il secondo va dal 1928 al 1947 ed il terzo dal 1947 ad oggi. Dati del 1987 indicano che la mortalità è intorno a 13 persone per milione. L’età della morte per tubercolosi, è andata spostandosi progressivamente da 26 anni nel 1900 a 63 nel 1978. L’età media delle persone che si ammalano è stata di 53 anni nel quinquennio 75-79, contro un’età di 43 anni nel quinquennio 61-65 per i maschi. Per le donne l’età media è stata tra il 75-79 di 45 anni, contro i 39 degli anni 61-65. Per quanto riguarda il sesso si è verificato negli ultimi decenni un progressivo spostamento verso una maggiore incidenza nel sesso maschile.
Attualmente si stima che circa 1/3 della popolazione mondiale è attualmente infettata da bacilli tubercolari, ogni anno ci sono 8 milioni di casi attivi (incidenza 160/100000/anno).La mortalità annuale si aggira intorno ai 3 milioni di persone. Una stima del 1990 parla di 3 milioni di persone coinfettate da BK e HIV, una stime successiva del 1995 ha portato questo dato a 5,5 milioni di individui.

Cause e modalità d’infezione
La tubercolosi è dovuta al Mycobacterium Tubercolosis, o bacillo di Kock. Si tratta di batteri a forma di “bastoncino”, Gram positivi, aerobi, asporigeni, immobili e privi di ciglia. Caratteristica è l’acido resistenza, che viene sfruttata nella colorazione di Ziehl-Neelsen. La velocità di riproduzione, che avviene per scissione, è particolarmente lenta, essendo di 14-20 ore. I micobatteri vengono suddivisi in 4 gruppi secondo la classificazione di Runyon.
La via d’infezione più comune è quella aerogena: i micobatteri emessi per lo più con la tosse e la fonazione passano dall’ambiente alla persona sana, depositandosi a livello degli alveoli, nelle parti più aerate del polmone, e dando luogo al complesso primario (malattia visibile alla radiografia del torace). Nell’espettorato emesso all’esterno i micobatteri possono sopravvivere per diverse ore.
È possibile contrarre la malattia tubercolare per altre vie meno frequenti:
· la via enterogena che si verifica per ingestione di latte contaminato dal Mycobacterium Bovis; attualmente di riscontro eccezionale dati i procedimenti di pastorizzazione del latte e derivati. I micobatteri formano il complesso primario a livello intestinale.
· la via aero-enterogena dove i micobatteri, deglutiti, passerebbero dall’intestino nel sangue.
· la aereo-linfo-ematogena che sarebbe originata da micobatteri che si fermano nel tessuto linfatico, in particolare delle tonsille e dell’anello di Valdeyer, e da qui arriverebbero al polmone per via ematica o linfo-ematica.
· l’infezione tubercolare congenita, da passaggio attraverso la placenta di micobatteri; perché si verifichi è necessario che siano presenti lesioni tubercolari della placenta; i micobatteri raggiungono il fegato attraverso la vena ombelicale, e provocano un complesso primario epatico.
· la via cutanea, descritta nel personale di sala settoria dopo ferita con materiale infetto.
· la via oculare che presuppone una lesione della congiuntiva e solo in casi eccezionali.
· la via urogenitale peraltro non contagiosa ed attualmente di rarissimo riscontro.

Clinica ed evoluzione della malattia tubercolare
In base alle risposte immunitarie dell’ospite colpito dal bacillo tubercolare distinguiamo due forme di tubercolosi (TBC):
· TBC primaria, conseguente al primo contatto tra bacillo tubercolare ed organismo ospite
· TBC post-primaria, che si verifica in persone precedentemente sensibilizzate nei confronti del bacillo tubercolare e nei quali sono operanti dei meccanismi di immunità acquisita da renderli tubercolino positivi al Tine Test
Nel 90% dei casi la primaria può non essere diagnosticata come tale bensì come febbre influenzale, deperimento organico, tosse secca, ecc.; si presenta generalmente tra i 16 ed i 18 anni. I caratteri dei singoli quadri clinico-radiologici dipendono prevalentemente dai seguenti fattori:
· via di arrivo dei micobatteri
· carica infettante
· immuno-reattività organica
· precocità o meno della diagnosi
È importante sottolineare che oltre il 90% di casi di tubercolosi polmonare primaria decorre in modo paucisintomatico (febbricole prevalentemente vespertine, facili sudorazioni, deperimento organico, astenia, tosse secca insistente e fastidiosa). All’esame radiografico del torace si evidenzia il focolaio parenchimale e la linfangite con adenopatie ilomediastiniche omolaterali (infiammazione dei linfonodi). La linfangite è quella a più rapida risoluzione, infatti scompare dopo 2 o 3 settimane; il focolaio parenchimale dopo 30 giorni circa mentre le adenopatie possono persistere per alcuni mesi e sono quelle che evolvono costantemente in formazioni calcifiche. Sono infatti queste che costituiscono le “spie radiologiche” della prima infezione specifica del polmone. La tubercolosi post-primaria si verifica invece nei soggetti nei quali si è già avuto in precedenza un contatto con il bacillo tubercolare. Infatti origina dalla riattivazione endogena dei bacilli sopravvissuti all’interno delle lesioni calcifiche della TBC primaria. Affinchè si verifichi è necessario un indebolimento del sistema immunitario atto al controllo della prevenzione di questa eventualità. Questo tipo di infezione si verifica per via ematica; può colpire altri distretti oppure lo stesso polmone e, in tal caso, dare origine a TBC nodulare apicale, infiltrato tisiogeno precoce sottoclaveare, con formazione di caverne cui possono conseguire emottisi, lobite tubercolare e tubercolosi pleurica. In casi più rari possono aversi forme così dette “miliariche” (acute e croniche) alle quali consegue spesso insufficienza respiratoria grave. Abbastanza frequenti sono i versamenti pleurici; infatti in soggetti giovani è la presenza di versamento pleurico la “spia radiologica” di una infezione tubercolare

Tubercolosi ed AIDS
L’infezione tubercolare e quella da virus HIV (AIDS) determinano epidemie parallele: l’una favorisce il propagarsi dell’altra. È importante sottolineare che un individuo HIV positivo ha un rischio 100 volte superiore di ammalarsi di tubercolosi e comunque di contrarre altre patologie infettive. I maggiori Paesi a rischio per associazione TBC-HIV sono l’Uganda, il Senegal, lo Zambia, la Costa d’Avorio.
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