giovedì, 26 settembre 2024
Medinews
8 Dicembre 2001

L’IPERTENSIONE ARTERIOSA

Gli altri, il 75% dei pazienti, o non assumono i farmaci secondo le prescrizioni, o non li assumono affatto, aumentando così esponenzialmente il rischio di subire eventi cardiovascolari – infarto e ictus – che rimangono la prima causa di morte in tutti i Paesi industrializzati. Per contro, si è visto invece che, negli ultimi 15 anni, nei pochi pazienti ben trattati si è ottenuto il 25% di riduzione degli eventi coronarici e tra il 35 e il 42% di quelli cerebrovascolari.

Le cause
Nella quasi totalità dei pazienti (95%) sono sconosciute. Questa condizione – che quindi rappresenta la quasi normalità della malattia – è definita dai medici ‘ipertensione essenziale’. Può derivare da molti fattori chiamati ‘aspecifici’ perchè non direttamente collegati all’aumento della pressione arteriosa. Questi fattori sono l’influenza genetica, il comportamento dietetico (soprattutto l’aumento di peso, ma anche il consumo di troppo sale, grassi, alcool e il fumo), l’attività fisica ridotta, le modifiche ormonali. E’ accertato che uno di questi fattori, o una loro combinazione, possono avere come conseguenze il restringimento delle arterie, l’aumentata quantità di sangue in circolo o l’aumento del battito cardiaco: questi tre effetti incidono effettivamente sulla parete delle arterie, determinando un aumento della pressione arteriosa (ipertensione).
Nel 5% restante dei pazienti, per i quali le cause dell’ipertensione sono certe, si parla di ‘ipertesione secondaria’ – intendendo così che bisogna intervenire prima sul problema principale, ossia sulla malattia che sviluppa l’ipertensione come effetto ‘secondario’. L’eziologia, cioè la ricerca dell’insieme delle cause, dell’ipertensione secondaria, comprende varie malattie (principalmente renali e endocrine).

Come si misura
Per considerare una persona “ipertesa”, la pressione arteriosa deve essere riscontrata elevata almeno in due o tre visite distanziate tra loro da una settimana circa. La misurazione deve essere effettuata due o tre volte di seguito a distanza di pochi minuti, in posizione seduta. I pazienti che presentano frequentemente ampie oscillazioni pressorie, con valori talvolta elevati e talvolta normali, devono essere sottoposti ad ulteriori misurazioni o ad un monitoraggio ambulatoriale. Il trattamento dovrebbe essere iniziato solamente dopo l’accertamento sicuro della diagnosi, anche se in rare circostanze – valori compatibili con ipertensione severa o presenza di danno d’organo – la terapia può e deve essere iniziata immediatamente.

I livelli pressori
Le linee guida redatte congiuntamente dalla World Health Organization (WHO) e dalla International Society of Hipertension (ISH), così come quelle americane del Joint National Committee, identificano tre livelli di pressione normale: “ottimale”, “normale” e “normale alta”. La decisione di suddividere i normotesi in tre sottogruppi si basa sull’evidenza dei risultati di alcuni studi osservazionali di grandi dimensioni, che hanno evidenziato un aumento del rischio cardiovascolare con l’aumentare della pressione, anche nell’ambito della normalità. L’ipertensione viene classificata in tre gradi: I (lieve); II (moderata); III (severa). Nell’ambito degli ipertesi lievi il range pressorio compreso tra 140 e 149 e tra 90 e 94 mmhg, identifica il sottogruppo cosiddetto “borderline”. Separatamente, invece, viene considerata la pressione sistolica isolata.

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