domenica, 30 giugno 2024
Medinews
21 Febbraio 2001

IL TRAPIANTO DI FEGATO

La reinfezione compare generalmente a distanza di poche settimane dal trapianto: il 25-50% dei pazienti reinfettatisi dopo il trapianto sviluppa epatite cronica attiva e il 10% circa evolve in cirrosi in un periodo variabile da 2 a 5 anni. Nell’altra metà dei pazienti la reinfezione da HCV non provoca la comparsa di danno epatico istologicamente accertato. Solo in una piccola percentuale di pazienti (<10%) la reinfezione provoca una forma grave di epatite ad impronta colestatica il cui esito è fatale.

Profilassi della reinfezione da HCV
La profilassi della reinfezione da virus C rimane un problema grave e irrisolto. Il trattamento con IFN dei pazienti affetti da cirrosi C prima del trapianto ha dimostrato un’efficacia molto limitata. Anche l’impiego della ribavirina in monoterapia prima del trapianto non previene efficacemente la reinfezione. Sono in corso studi sull’impiego di IFN e ribavirina in associazione e i risultati preliminari sembrano incoraggianti. Tuttavia questi farmaci, somministrati per periodi di tempo limitato, non sono in grado di eradicare completamente l’infezione. Per evitare la reinfezione dovrebbero essere somministrati per tutta la vita, ma in tal caso potrebbero causare importanti e gravi effetti collaterali. Importanti studi retrospettivi indicano che le vecchie immunoglobuline, ora non più in commercio, hanno significativamente impedito (p<0,001) la reinfezione del nuovo fegato (assenza di HCV-RNA un anno dopo il trapianto).

Trattamento delle reinfezioni
Nei pazienti reinfettatisi dopo il trapianto, l’impiego dell’IFN ha dimostrato una efficacia modesta e transitoria: nella maggioranza dei casi non è infatti in grado di eradicare HCV-RNA. Risultati molto incoraggianti sono ottenuti con l’impiego di IFN e ribavirina: nel 50% dei pazienti si ottiene la scomparsa di HCV-RNA alla fine del trattamento. Tuttavia la percentuale di risposta completa a distanza di 6 mesi dalla sospensione è del 25% circa.

2. Nei pazienti con cirrosi alcolica
Un tempo la cirrosi alcolica veniva considerata una controindicazione al trapianto a causa dell’elevato rischio di recidiva dovuta al consumo di alcool dopo l’esecuzione del trapianto. Attualmente i risultati sono sovrapponibili a quelli ottenuti in pazienti trapiantati per altre patologie epatiche. Sono tuttavia ritenute condizioni essenziali per la sua esecuzione l’astinenza dal consumo di alcool da almeno 6 mesi e l’assenza di gravi malattie extraepatiche dovute all’alcolismo (ad es. cardiopatia, etc.). Il trapianto non va assolutamente eseguito nei casi di etilismo acuto ancora attivo. La decisione di effettuare o meno il trapianto, pur nel rispetto dei criteri di base che fanno propendere per la sua esecuzione, deve essere presa in relaziona al singolo caso. Il costo del trapianto di fegato, della terapia e dei controlli che debbono essere effettuati durante il primo anno dall’operazione oscilla infatti da 102.000 a 348.000 dollari: in Italia il costo è di alcune centinaia di milioni di lire.
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