domenica, 30 giugno 2024
Medinews
1 Gennaio 2001

LE TAPPE DELLA TERAPIA

Seconda tappa
· Negli anni successivi vengono realizzati numerosi studi a sostegno della necessità di intervenire sulle micrometastasi (oltre che sul tumore) per migliorare la sopravvivenza delle donne. Nel 1974 viene introdotta la chemioterapia adiuvante che, utilizzata dopo l’intervento chirurgico, migliora del 15% il tasso di guarigione delle donne operate.
· Negli stessi anni (‘75-’85) vengono definiti due parametri importanti per la categorizzazione (prognosi e terapia del tumore della mammella): la presenza dei linfonodi ascellari metastatici e la positività dei recettori ormonali per gli estrogeni e/o progesterone.
· Nel primo caso i ricercatori capiscono che la presenza di linfonodi ascellari istologicamente positivi (cioè con presenza di cellule tumorali) determina una prognosi sfavorevole: il 50 per cento delle donne è destinato a una recidiva entro 5 anni dall’intervento. Di converso, le pazienti che presentano linfonodi negativi hanno una prognosi migliore: l’87% di loro, a 5 anni dall’intervento, è viva e non presenta recidive.
· Nel secondo caso si scopre che in più della metà dei casi le donne, soprattutto quelle in postmenopausa, hanno cellule tumorali dotate di recettori ormonali per estrogeni e/o progesterone positivi. Se questi recettori sono sensibili agli ormoni “naturali”, lo sono anche a particolari farmaci ormonali, come il tamoxifene, in grado di bloccarli. Questo porta all’arresto della crescita del tumore e al “suicidio” programmato delle cellule tumorali. Viene così introdotta (nel 1980) la terapia ormonale che, di fatto, assicura gli stessi risultati della chemioterapia postchirurgica sulle micrometastasi, riducendo significativamente gli effetti collaterali.

Terza tappa
Verso la metà degli anni ottanta inizia una nuova era del trattamento chirurgico del tumore al seno: gli specialisti (in prima linea bisogna ricordare Veronesi e Fisher) cominciano a praticare un intervento chirurgico meno aggressivo. Nasce la tecnica della quadrantectomia, che poi si evolverà fino a prevedere l’eliminazione del solo nodulo maligno. Naturalmente la nascita di queste tecniche non è stata supportata soltanto dalle nuove conoscenze in ambito diagnostico e terapeutico, ma anche da una maggiore compliance delle donne nei confronti della mammografia, da un aumento del numero dei centri specializzati, da campagne di screening e così via.

Quarta tappa
All’inizio degli anni novanta (anche se la diffusione avviene intorno al ‘93-‘94) viene introdotta la terapia neo-adiuvante. Si capisce che l’anestesia e l’intervento chirurgico su tumori abbastanza grandi (dell’ordine dei 3 centimetri) potrebbero causare una virulentazione della neoplasia, anche se al riguardo non esiste ancora una dimostrazione assoluta. In questi casi viene proposta la terapia chemioterapica pre-operatoria, allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore, anche quando la massa è più piccola (2-1,5 centimetri).

Le nuove prospettive
Negli ultimi cinque anni c’è stato un grande sviluppo della ricerca farmacologica che ha portato all’introduzione di nuovi farmaci sia chemioterapici (come i taxani) che ormonali. In particolare, è in quest’ultimo ambito che la ricerca sembra aver dato i risultati migliori. Sono stati introdotti gli inibitori dell’aromatasi tra cui letrozolo: queste molecole sono in grado di impedire, nelle donne in postmenopausa, la trasformazione degli androgeni in estrogeni e quindi di arrestare indirettamente la crescita del tumore e delle micrometastasi che presentano recettori ormonali positivi. Sull’efficacia di questi farmaci, comparati alla tradizionale molecola fino ad ora utilizzata nel campo della terapia ormonale endocrina, sono stati realizzati studi, sia su pazienti in fase avanzata che come trattamento neo-adiuvante.
Nel primo caso, tra gli inibitori dell’aromatasi, letrozolo ha dimostrato di prolungare, in modo statisticamente significativo, il tempo alla progressione della malattia, aumentando anche il numero di pazienti che presentano riduzione o stabilizzazione della massa tumorale. Nel secondo è l’unico, tra gli inibitori dell’aromatasi, ad aver dimostrato di essere efficace nel ridurre la massa tumorale, aumentando così le possibilità di una terapia chirurgica conservativa. I prossimi studi valuteranno il ruolo di questa molecola anche nella terapia post-chirurgica.
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