PREVENZIONE
Secondaria: screening e campagne per la diagnosi precoce del melanoma
Nel melanoma il controllo dei risultati delle attività di prevenzione primaria è difficile: essi infatti sono documentabili solo a distanza di almeno 10-15 anni e nelle nostre popolazioni le campagne di educazione rivolte alla fotoprotezione sono state intraprese solo negli ultimi anni (l’esposizione alla luce solare è ritenuta il fattore esogeno più importante anche se non l’unico nella genesi del melanoma).
Il documentato miglioramento della prognosi, la continua riduzione dell’incremento della mortalità da melanoma sono fenomeni da riferire solo all’attività di prevenzione secondaria. In effetti è stato possibile dimostrare i risultati favorevoli di tali attività valutando (quasi in tempo reale) le variazioni in percentuale dei casi di melanoma a prognosi sfavorevole misurando lo spessore delle neoplasie, a tutt’oggi il parametro prognostico più accurato.
Anche la riduzione della mortalità può essere evidenziata in un lasso di tempo limitato (4-5 anni). Lo screening di massa rappresenta il miglior intervento di prevenzione secondaria dei tumori. Lo screening di massa del melanoma non è attualmente proponibile per gli alti costi riferibili alla necessità da parte di specialisti dermatologi “esperti” nell’esaminare l’intero ambito cutaneo di tutte le persone al di sopra dei 16-18 anni. Più proponibile è uno screening selettivo diretto a persone a rischio con: familiarità per melanoma, cute pallida che non si abbronza e si scotta al sole, alto numero di nevi comuni o presenza di più nevi atipici, e in particolare ai portatori di lesioni pigmentate che si modificano o presentano aspetti di asimmetria, bordi dentati, colorito molto scuro o policromia, dimensioni superiori a 6 mm (A, B, C, D, E del melanoma).
È evidente che lo screening selettivo deve essere preceduto da una opportuna campagna sanitaria indirizzata a sensibilizzare la popolazione sugli aspetti sopra descritti che portino a sospettare le lesioni pigmentarie potenzialmente pericolose.
Inoltre, vanno sensibilizzati gli operatori sanitari (medici di famiglia, specialisti dermatologi, infermieri ecc.) facendo comprendere l’importanza della loro collaborazione e fornendo nozioni tecniche utili a migliorare le loro capacità diagnostiche.