domenica, 30 giugno 2024
Medinews
8 Maggio 2001

LA PREVENZIONE DELL’INFARTO

· Smettere di fumare
· Mantenere la pressione arteriosa sotto controllo (<135/85 mmHg)
· Ottenere una riduzione dei livelli di colesterolo totale e LDL (colesterolo ”cattivo”), in particolare LDL <160 mg/dl se 0-1 fattori di rischio sono presenti, <130 mg/dl se due o più fattori di rischio sono presenti. E' inoltre importante raggiungere livelli di colesterolo HDL (colesterolo buono)> 35 mg/dl e trigliceridi <200 mg/dl
· Aumentare il livello di attività fisica: fare esercizio fisico almeno 3-4 volte la settimana per almeno 30 minuti
· Ridurre il peso corporeo
In caso di pazienti che hanno già avuto manifestazioni di malattie cardiovascolari o vascolari si parla di prevenzione secondaria. In tal caso alle raccomandazioni precedenti, che vanno ulteriormente ristrette, si deve affiancare una opportuna terapia farmacologia, magari seguente al periodo di ricovero per ischemia.
La degenza ospedaliera post-infarto è in media di cinque/sette giorni, ma può variare in base alle condizioni generali del paziente, all’entità del danno causato dall’infarto e al manifestarsi di complicazioni. Prima di essere dimesso, l’infartuato può essere sottoposto a un elettrocardiogramma sotto sforzo, in modo da valutare e determinare una soglia di sicurezza entro la quale può esercitare una certa attività fisica.
Per migliorare la prognosi a lungo termine viene impiegata una terapia farmacologia di mantenimento che serve ad abbassare la pressione arteriosa, rafforzare il battito cardiaco, prevenire la formazione di trombi e ridurre il livello di colesterolo nel sangue.
I farmaci impiegati sono i beta-bloccanti che riducono la mortalità del 25 percento, e sono più vantaggiosi nei casi maggiormente a rischio; gli ACE-inibitori i quali riducono la mortalità a lungo termine (ancora discusso è il momento più opportuno per iniziarli); le statine che contribuiscono a ridurre il tasso di colesterolo; l’aspirina, di provata efficacia nella fase acuta e sub-acuta post-infartuale, è consigliata come terapia a lungo termine; gli acidi grassi poliinsaturi Omega 3 che alla dose di un grammo al giorno hanno effetto antiaritmico e possono pertanto prevenire l’arresto cardiaco e la morte improvvisa.
L’infartuato, superata la crisi, può quindi lentamente riprendere e, infine, condurre una vita normale. Risulta però necessario, oltre al trattamento farmacologico, un cambiamento nello stile di vita, ossia seguire abitudini di vita che non comportino un eccessivo affaticamento del cuore, assunzione di cibi sani e un costante controllo del peso corporeo, l’astinenza dal fumo e dagli alcolici, praticare regolarmente attività fisica.
Negli ultimi trent’anni, grazie a una maggiore tempestività delle cure agli infartuati e alla scoperta di farmaci efficaci, la mortalità per infarto miocardico acuto dei pazienti ricoverati è stata ridotta dal 30 % a meno del 15 %.
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