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Medinews
15 Gennaio 2002

GLIVEC

Come farmaco progettato razionalmente per agire sulla causa molecolare della malattia, rappresenta il capostipite di una nuova era e il paradigma per il futuro sviluppo di farmaci. Proprio per questa sua specificità nei confronti delle cellule neoplastiche è caratterizzato da un’efficacia straordinaria mai ottenuta fino ad oggi con altri farmaci e da un ottimo profilo di tollerabilità (effetti collaterali di lieve entità).

Glivec è un potente inibitore di Bcr-Abl (il marker specifico della LMC) in quanto, competendo con la molecola di ATP, ne blocca efficacemente e in modo irreversibile il substrato. Inibisce pertanto tutti i percorsi di trasduzione del segnale messi in atto da Bcr-Abl e annulla il processo che porta alla trasformazione in leucemia.
La selettività di Glivec nei confronto di Bcr-Abl è stata dimostrata in vitro valutando la sua attività nei confronti di molte tirosin-chinasi. A livello cellulare, Glivec è in grado di inibire la proliferazione cellulare, inducendo l’apoptosi (cioè la morte cellulare) in linee cellulari mieloidi e in cellule prelevate da pazienti con LMC che esprimono bcr-abl. In vivo Glivec si è dimostrato in grado di ridurre la gravità del tumore prolungando la sopravvivenza di topi cui erano state inoculate cellule leucemiche bcr-abl positive. Risultati dei trial clinici nella leucemia mieloide cronica
Fase I

Nel giugno del 1998 è stato avviato uno studio di Fase I in pazienti con LMC in fase cronica, resistenti o intolleranti a interferone alfa (α–IFN), allargato successivamente anche a pazienti con malattia in fase blastica (mieloide e linfoide). I risultati di questo studio hanno dimostrato che nel 98% dei pazienti in fase cronica resistenti o intolleranti a interferone trattati con dosi uguali o superiori a 300 mg/die si è ottenuta una risposta ematologica completa. Inoltre nel 53% dei pazienti è stata raggiunta anche una risposta citogenetica. Nel gruppo di pazienti con malattia in fase blastica la risposta ematologica è stata del 56% e del 70% rispettivamente nelle forme mieloidi e linfoidi. I risultati di questo studio hanno indicato un’efficacia promettente e rapida soprattutto in pazienti in fase cronica refrattari al trattamento con altri farmaci (α–IFN) ma anche nei pazienti in fase accelerata con leucemia acuta, con un profilo di tollerabilità ottimale.
Fase II-Studio 110
Risposta:
ematologica completa: 88% (n=468).
citogenetica maggiore: 49% (n=261).
Tempo di comparsa della risposta:
nel 50% dei pazienti la risposta compare entro i primi tre mesi di trattamento
Durata della risposta:
la probabilità di mantenere una risposta ematologica completa per almeno 6 mesi è stata > 80%

Commento

Questi risultati ottenuti in fase cronica sono di assoluto rilievo, in particolare considerando che si tratta di pazienti nei quali il miglior farmaco conosciuto (interferone ricombinante) aveva fallito o non era stato tollerato.
Risposta citogenetica maggiore completa parziale 16%9%7% 24%17%7% 21%14%7%
Fase II-Studio 109
Risposta:
ematologica: 63% (n=148)
citogenetica maggiore: 21% (n=49)
Tempo di comparsa della risposta:
ematologica 1 mese (0.9- 9.3)
citogenetica 2.8 mesi (0.8- 11.7)
Durata della risposta:
La percentuale di pazienti che mantenevano una risposta al trattamento dopo 6 mesi era dell’84%, dopo 9 mesi era 63%.

Commento

I risultati ottenuti in fase accelerata (risposte ematologiche e citogenetiche), anche se inferiori a quelli ottenuti nella fase cronica, sono altrettanto significativi perchè un paziente in fase accelerata è un paziente vicinissimo alla progressione finale in crisi blastica. Inoltre nonostante sia ancora prematuro valutare l’effetto della terapia sulla sopravvivenza a lungo termine, analisi condotte sia nei pazienti in fase accelerata nei quali era stata raggiunta una risposta ematologica sia in quelli in cui si era ottenuta una risposta citogenetica maggiore, sembrerebbero indicare un effetto positivo di questo farmaco anche sulla sopravvivenza.
Infatti prima dell’introduzione di Glivec, il trattamento convenzionale della fase accelerata (idrossiurea, busulfano) era solo in grado di controllare la proliferazione dei globuli bianchi e l’aumento della milza. In nessun caso è mai stata raggiunta una risposta citogenetica o un allungamento della sopravvivenza.
Fase II-Studio 102
Risposta:
ematologica: 26% (n=68)
citogenetica maggiore: 13.5% (n=35)
Tempo di comparsa della risposta:
ematologica: 1 mese (0.9- 2.1)
citogenetica maggiore: 2.6 mesi (0.9- 5.6)
Durata della risposta:
La durata stimata della risposta era di 6.6 mesi
Sopravvivenza:
la media di sopravvivenza dei pazienti non precedentemente trattati era di 7.1 mesi mentre di quelli trattati era di 5.2 mesi
la percentuale di sopravvivenza nel gruppo non precedentemente trattato dopo 6 mesi era del 60% e dopo 9 mesi del 32.8%; in quello precedentemente trattato dopo 6 mesi era del 43% e dopo 9 mesi del 34.5%.

Commento
Come atteso, i risultati nella fase blastica sono inferiori a quelli ottenuti nella fase cronica e accelerata. Questo si spiega con il fatto che la LCM in crisi blastica è la più grave e aggressiva di tutte le leucemie. Infatti i pazienti in questa fase sono caratterizzati da una pessima prognosi. STI 571 nella crisi blastica ha un’efficacia almeno uguale o superiore a quella di ogni altra terapia e minore tossicità.


EFFETTI COLLATERALI
STI 571 è un farmaco ben tollerato. Eventi avversi gravi sono stati segnalati in meno del 3% dei casi e soprattutto nei malati in fase avanzata che sono più gravi rispetto ai pazienti in fase cronica. Sono stati segnalati numerosi effetti collaterali minori, tutti facilmente controllabili o tollerabili fra i quali ricorrono più frequentemente nausea, ritenzione idrica, crampi muscolari, diarrea, vomito, emorragia, dolori muscolo-scheletrici, rash cutaneo, cefalea, spossatezza, tutti facilmente controllabili. Poichè la sperimentazione clinica dura solo da tre anni, è assolutamente necessaria una farmacovigilanza puntuale e diligente per rilevare eventuali effetti tossici dovuti alla somministrazione prolungata.


GLIVEC NEI TUMORI SOLIDI

Glivec in vitro si è dimostrato in grado di inibire altre tirosin-chinasi – c-Kit e PDGF (platelet-derived growth factors) – che si manifestano in alcuni tumori solidi. Sono in corso studi clinici in un numero limitato di pazienti nei tumori solidi che esprimono queste tirosin-chinasi come i tumori della prostata resistenti a terapia ormonale, i gliomi, i tumori della mammella, i tumori del polmone a piccole cellule. I risultati sono ancora troppo preliminari per valutare eventuali benefici da questa terapia in queste indicazioni. Anche in questi tumori, analogamente alla LMC, la causa dell’attivazione delle tirosin-chinasi è dovuta a mutazioni geniche, anche se non è ancora noto quanto esse siano responsabili della genesi e del mantenimento del tumore. In altri termini, bcr-abl per la LMC è il motore unico della malattia: ne causa l’insorgenza, il mantenimento e la trasformazione finale verso la crisi blastica. Per altri tumori, l’attivazione delle tirosin-chinasi inibite da Glivec potrebbe essere un epifenomeno che si realizza successivamente alla nascita del tumore stesso, la cui causa iniziale è spesso differente dall’attivazione delle chinasi stesse.
Particolarmente significativi i risultati dell’impiego di Glivec per il trattamento del tumore stromale dello stomaco e dell’intestino (GIST), un raro tumore che origina da cellule specificamente localizzate a livello intestinale. Dopo i risultati incoraggianti di studi di fase I e II effettuati in USA e Europa, sono in corso studi di fase III allargati che prevedono l’arruolamento di oltre 1000 pazienti in tutto il mondo. Negli USA e Canada gli studi sono condotti dal National Cancer Institute (NCI) supportati dal Southwest Oncology Group (SWOG) e dal National Cancer Institute Canada (NCIC). In Europa è in corso uno studio condotto dall’EORTC in collaborazione il Sarcoma Groups italiano, francese e scandinavo e con l’Australian Gastrointestinal Trial Group (AGITG).
Nella tabella 3 vengono sintetizzati i vari tipi tumori associati con i recettori per il PDGF e c-Kit.
Stato regolatorio

Glivec è stato approvato, per il trattamento di pazienti con LMC in crisi blastica, fase accelerata e fase cronica refrattari o intolleranti a α-interferone, il 10 maggio del 2001 dall’FDA e nelle stesse indicazioni dal’EMEA l’8 novembre 2001. Glivec è anche disponibile in altri 35 Paesi inclusi Svizzera, Argentina, Guatemala, Giordania, Corea, Messico, Perù e Siria.
Novartis ha inoltre depositato la documentazione, per l’autorizzazione di Glivec nel trattamento dei GIST, presso l’FDA il 19 ottobre e presso l’EMEA il 29 novembre.

CONTRIBUTO ITALIANO ALLO SVILUPPO CLINICO DI GLIVEC

Leucemia mieloide cronica

In Italia sono stati condotti tre studi di Fase II registrativi:
· pazienti con LMC Ph+ in fase cronica resistenti o intolleranti a α-interferone (7 centri)
· pazienti con LMC Ph+ in fase accelerata e con leucemia linfoide acuta (3 centri)
· pazienti con LMC Ph+ in crisi blastica (5 centri)

L’Italia inoltre partecipa ad uno studio di Fase III registrativo in pazienti di nuova diagnosi che sta confrontando Glivec alla terapia standard (α-interferone in associazione a citosina arabinoside) (17 centri per un totale di 70 pazienti).

Inoltre, al fine di consentire l’accesso al farmaco a tutti i pazienti che potenzialmente potevano trarne beneficio sono stati avviati due studi, coordinati dal Gruppo Cooperatore Italiano per lo Studio della LMC la cui sede centrale e il centro elaborazione dati si trova presso l’Istituto di Ematologia e Oncologia Medica “Lorenzo e Ariosto Seràgnoli” dell’Università di Bologna. Questo gruppo multicentrico è attivo da oltre 25 anni. Ad esso aderiscono circa 70 centri universitari e ospedalieri distribuiti su tutto il territorio nazionale. Il Gruppo (coordinatori Prof Michele Baccarani e Prof Sante Tura) ha prodotto risultati scientifici di valore internazionale nel campo della terapia della LMC. Basti ricordare, per esempio, che il dossier registrativo presso la FDA statunitense dell’interferone come terapia di prima linea della LMC era imperniato su uno studio del Gruppo stesso. Grazie allo sforzo congiunto di Novartis Italia e del Gruppo Cooperatore, circa il 10% di tutti i casi finora trattati nel mondo, fino al momento della registrazione negli USA, è stato curato in Italia.

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