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Medinews
15 Marzo 2002

L’EPIDEMIOLOGIA DELLA BPCO

La BPCO costituisce la quarta più importante causa di morte a livello mondiale ed è un importante capitolo della patologia respiratoria cronica, essenzialmente dovuto al fumo. E’ una malattia in continua espansione sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, con una prevalenza di circa il 5% sulla popolazione generale, ma concentrata nell’adulto ed anziano, prevalentemente di sesso maschile, dove può raggiungere, al di sopra dei 60 anni, tassi del 20% di prevalenza (1 su 5). Nel 1999, per questa causa sono stati registrati 130.000 ricoveri in ospedale, con circa 1.330.000 giorni di degenza: è in assoluto la prima causa di ricovero in ambiente pneumologico e internistico. Si calcola che nel 2000 siano morti per BPCO 2.700.000 pazienti, 18.000 in Italia. Secondo i dati dell’OMS, nel 1990 costituiva la 12esima malattia per impatto sociale e morbilità. Le proiezioni sono terrificanti: si passerà al 5 posto entro il 2020 e addirittura al 3 come mortalità.
La morbidità per BPCO è maggiore negli uomini che nelle donne ed aumenta rapidamente con l’età. Questa differenza tra i sessi è legata alla maggior prevalenza di fumo di sigaretta nel sesso maschile e alla diversa esposizione professionale ad agenti nocivi. Dati recenti evidenziano un aumento dell’abitudine al fumo di sigaretta tra le donne. Questo dato potrebbe influenzare i futuri quadri di morbidità per BPCO: le donne potrebbero infatti essere più sensibili allo sviluppo di BPCO quando esposte ai fattori di rischio (tabacco).
Le patologie respiratorie figurano al terzo posto tra le cause di assenza dal lavoro per malattia: tra queste, la BPCO è responsabile del 56% delle assenze fra gli uomini e del 24% per le donne. Senza dubbio la BPCO porta ad una sostanziale invalidità, alla perdita di produttività e ad una peggiore qualità della vita che aumentano con il progredire della malattia. Il suo impatto socio-economico è molto importante. Le riacutizzazioni e l’insufficienza respiratoria possono rendere necessario sia il ricovero in ospedale che terapie complesse e costose. L’ossigenoterapia domiciliare a lungo termine rappresenta poi un ulteriore costo.

Morbidità in Italia

Nella figura seguente vengono riportati i dati relativi alla prevalenza della bronchite cronica rilevata in alcuni studi italiani. Maggiore nelle zone urbane (Pisa) rispetto a quelle nettamente rurali (Rovescala, PV), la prevalenza rilevata negli studi più recenti, risulta inoltre superiore a quella rilevata nelle stesse zone in studi precedenti. Infine si dimostra chiaramente la sottostima della diagnosi da parte dei medici di famiglia rispetto a quella posta attraverso questionari standardizzati usando la definizione riportata nelle linee guida ERS 1995. Dall’analisi dei dati relativi al secondo studio di Porto Tolle (1989-91) sulle fasce di popolazione di età più avanzata è risultato che, tra gli adulti di 55-64 anni, le percentuali di sintomi respiratori al questionario CNR variavano tra il 56,1% degli ex fumatori, il 60,6% dei non fumatori ed il 62,7% dei fumatori. Tra gli anziani, invece, le percentuali variavano tra il 64,2% degli ex fumatori, il 70,1% dei non fumatori e 1’80% dei fumatori. Nello stesso studio è stata osservata una prevalenza di ostruzione moderata-grave (definita secondo i criteri ATS – American Thoracic Society – 1991) dopo i 45 anni del 14% nei maschi e del 6% nelle femmine. È comunque interessante osservare che già nella fascia di età 25-44 anni l’11% dei maschi e il 6% delle femmine mostra segni di lieve broncostruzione. Analizzando le anormalità ventilatorie (secondo le definizioni delle linee guida ERS – European Respiratory Society – 1995) il 12,8% delle persone di 55-64 anni e il 10,9% delle persone di età maggiore di 65 anni hanno mostrato un pattern ostruttivo.

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