domenica, 30 giugno 2024
Medinews
20 Aprile 2002

EPATITE C: ECCO I RISULTATI DEGLI STUDI CLINICI SULLA TERAPIA CON PEG-INTERFERONE E RIBAVIRINA

L’annuncio nel corso di un simposio organizzato da Schering-Plough

Attualmente questa è l’unica cura con interferone pegilato per il trattamento delle epatiti croniche da virus C approvata dall’Unione Europea (marzo 2001). Da allora questa associazione è diventata la terapia standard e viene rimborsata dai sistemi sanitari di tutti i paesi UE, Islanda e Norvegia incluse.
I dati presentati oggi, nel corso di un simposio organizzato da Shering-Plough nell’ambito dell’EASL, hanno dimostrato che il trattamento ottimale per l’epatite C si ottiene tarando la dose di peg-interferone alfa 2b e ribavirina sul peso corporeo del paziente e aggiungendo la terapia con vitamine antiossidanti protettive. Durante il simposio è stato anche presentato un nuovo dato: la terapia di combinazione produce una percentuale di SVR(Risposta virologica sostenuta o Sustained Virologic Response che misura l’eradicazione del virus C a sei mesi dalla cessazione del trattamento) dell’80% nei pazienti che evidenziano unarisposta precoce al trattamento, definita a sua volta come la negativizzazione del HCV-RNA o la diminuzione della carica virale di almeno due logaritmi.
Nel corso di un altro intervento al meeting dell’EASL, alcuni ricercatori hanno illustrato i dati relativi al rapporto costo-efficacia della terapia di combinazione peg-interferone alfa 2b ± ribavirina, rispetto al trattamento standard interferone – ribavirina.
“Da quando il nuovo interferone è stato approvato, cioè da due anni, gli specialisti di tutto il mondo hanno prescritto peg-interferone alfa 2b a circa 150mila pazienti – ha dichiarato Rafael Esteban dell’Ospedale Valle Hebron di Barcellona – Queste esperienze cliniche hanno confermato i risultati di tollerabilità e efficacia osservati negli studi. I nuovi dati sperimentali presentati oggi al simposio, inoltre, rinforzano ulteriormente la nostra convinzione: la terapia confezionata, come un abito di sartoria, su misura per ogni paziente, in base al suo peso corporeo rappresenta lo stato dell’arte nel trattamento dell’Epatite C”.

RISULTATI CLINICI
Al simposio di Shering-Ploug, Stephan Zeuzem, professore di Gastroenterologia e Epatologia allo University Hospital di Francoforte, ha presentato i risultati di un’analisi sull’efficacia dell’interferone alfa, effettuata confrontando il dosaggio fisso rispetto a quello basato sul peso del paziente, sulla sua superficie o sull’indice di massa corporea. L’analisi ha rivelato una maggiore efficacia del peg-interferone alfa 2b quando somministrato in base al peso e alla superficie corporea del paziente. Questa strategia di trattamento assicura da un lato che ai pazienti con maggiore massa corporea venga prescritta una dose appropriata di farmaco, aumentando significativamente la probabilità di raggiungere la risposta virologica sostenuta (SVR) (…).
“Peg-interferone è (…) approvato dall’Unione Europea e si somministra una sola volta la settimana – ha spiegato il dr. Esteban – I risultati clinici hanno dimostrato che attraverso dosi basate sul peso corporeo del paziente, il peg-interferone alfa 2b migliora la percentuale di risposta virologica sostenuta senza compromettere la sicurezza. La strategia si basa sul peso (…) ed è indipendente dal tipo di paziente e dalle caratteristiche della malattia”.
Secondo i risultati di un altro studio coordinato dal dr. Esteban, dosare “su misura” anche la ribavirina, migliora il risultato della terapia di combinazione e il rapporto costo-benefici della cura. Lo studio, condotto su pazienti spagnoli, ha confrontato lo schema terapeutico peg-interferone alfa 2b (1,5 microgrammi per Kg di peso corporeo) + una dose fissa di ribavirina (800 mg al giorno), verso il trattamento, sempre con peg-interferone alfa 2b (1,5 microgrammi per kg di peso corporeo) + ribavirina, somministrata però alla dose (…) di 1-1,2 grammi al giorno, anch’essa in base al peso del paziente. I risultati (…) confermano che peg-interferone alfa 2b + ribavirina, dosati entrambi in base al peso dei pazienti, costituiscono il regime di trattamento migliore, sia in termini di efficacia clinica che di costi della terapia.
C’è da tenere in considerazione un fattore predittivo importante: la risposta precoce al trattamento, fa notare il dr. Esteban. Monitorando l’abbattimento della viremia, lo specialista può avere utili indicazioni su come continuare il trattamento. Lo studio condotto da John McHutchinson, direttore medico dei trapianti di fegato della Clinica Scripps, La Jolla, CA, USA, utilizzando la terapia di combinazione peg-interferone alfa 2b + ribavirina, dimostra che l’80% dei pazienti che negativizzazno il virus, o presentano un abbattimento della viremia superiore a 2 logaritmi, entro la dodicesima settimana di trattamento, eradicheranno definitivamente il virus al completamento della terapia (48 settimane).
Il trattamento peg-interferone alfa 2b + ribavirina ha beneficiato dell’aggiunta delle vitamine antiossidanti C ed E con funzione protettiva sulle cellule del sangue. “Alcuni studi recenti hanno dimostrato che associando le due vitamine antiossidanti alla ribavirina si abbassa drasticamente il rischio di una diminuzione di globuli rossi (emolisi). Solitamente – ha spiegato ancora il dr. Esteban – quando questo accade è indispensabile ridurre la dose di ribavirina (…) compromettendo la buona riuscita del trattamento. L’aggiunta degli antiossidanti (…) permette a più pazienti di mantenere la dose appropriata di ribavirina favorendo il successo della cura”.

TERAPIA DI COMBINAZIONE
L’autorizzazione alla terapia di combinazione dell’Unione Europea si basa su uno studio che ha dimostrato la maggiore efficacia di peg-interferone alfa 2b + ribavirina (PegIntron e Rebetol, prodotti da Shering-Plough Spa) nell’ottenere una risposta virologica sostenuta rispetto alla vecchia associazione interferone alfa-2b con ribavirina. In particolare nei pazienti infettati col genotipo 1 del virus C, l’efficacia della risposta sostenuta con la nuova associazione è cresciuta particolarmente: 48% contro il precedente dato del 34%. Lo studio dimostra che le SVR aumentano nei pazienti che rimangono aderenti alla terapia e in quelli che hanno una risposta precoce al trattamento.
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