domenica, 30 giugno 2024
Medinews
24 Settembre 2002

SINTESI DELL’INTERVENTO DEL PROF. FRANCESCO COGNETTI

In totale le variazioni genetiche che stiamo indagando nei pazienti sono in totale una decina. Quando conosceremo altri geni con un rapporto diretto tra tumori, risposta dei farmaci e effetti collaterali, allora la metodica d’indagine genetica dovrebbe diventare normale pratica clinica in oncologia. Inoltre, nel giro di circa due anni, quando le conoscenze del profilo enzimatico si estenderanno ad altre categorie di chemioterapici, saremo in grado di diminuire notevolmente l’intensità degli effetti secondari dei farmaci. Ciò consentirà anzitutto di aumentare la qualità di vita dei pazienti sottoposti a chemioterapia, ma anche di diminuire la percentuale di persone che a causa del trattamento abbandonano la terapia e anche le speranze di guarigione.
Già oggi, comunque, nei tumori polmonari che sono i più rilevanti dal punto di vista epidemiologico, la tendenza attuale è già quella di far sì che questo tipo di metodica diventi una pratica di routine. E presto saremo in grado di scegliere il farmaco più adatto ed efficace. Perché i tumori non sono tutti uguali, ogni paziente reagisce in maniera diversa a seguito di un caratteristico profilo enzimatico che determina la variabilità della risposta clinica. Il profilo enzimatico si disegna a partire da un semplice esame genetico del sangue eseguibile già oggi sulla maggior parte dei pazienti.
La disponibilità di queste terapie personalizzate si deve in gran parte all’impegno dei ricercatori italiani che nel settore oncologico hanno imparato molto dai colleghi americani: alcuni hanno affiancato gli sperimentatori del progetto Genoma. Lo studio più grande del mondo, che ha coinvolto più di 10mila ricercatori con un capitale, tra fondi governativi e privati, che ha superato i 10 miliardi di dollari. Com’è noto questo enorme studio si è concluso prima del previsto, ma certo non ci si aspettava che le applicazioni nella terapia contro il cancro arrivassero così a breve. Sembrava che ciò richiedesse un enorme sforzo supplettivo, non solo dal punto di vista di ulteriori investimenti ma anche di impegno dei ricercatori, volto a scoprire un legame tra alleli e meccanismi patogenetici all’origine delle neoplasie.
Da più parti in Italia si lamenta la scarsità delle risorse destinate alla ricerca, ma il nostro Paese ha un enorme patrimonio nei suoi ricercatori, che sono tra i migliori del mondo. L’ennesima conferma si vede ora in oncologia, a distanza di qualche anno dalla conclusione del progetto Genoma. Rientrati nel loro Paese, anche grazie all’intervento legislativo voluto dal ministro Sirchia, i nostri ricercatori sono stati tra i primi a capire l’importanza delle informazioni e dell’esperienza vissuta all’estero. L’Aiom, come Società scientifica si è sempre battuta per favorire lo scambio dei ricercatori, convinti come siamo che solo dalla collaborazione internazionale si possono migliorare gli interventi a favore dei pazienti. Uno degli obiettivi della mia presidenza è stato quello di incrementare il numero di borse di studio da destinare ai giovani ricercatori per favorire loro permanenze nei maggiori centri mondiali di studio e ricerca contro il cancro. Non a caso, il congresso di Torino ospiterà alcuni di loro che interverranno sia nelle letture magistrali che in numerose sessioni per illustrare, fra l’altro, perché l’Italia è al primo posto per la pubblicazione di trials clinici oncologici di fase III.
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