domenica, 30 giugno 2024
Medinews
13 Dicembre 2002

SINTESI DELL’INTERVENTO DEL DOTT. CESARE GRIDELLI

A distanza di quasi tre anni c’era l’esigenza di fare un aggiornamento perché nel frattempo alcune metodologie per la valutazione della qualità di vita sono cambiate, si sono conclusi studi importanti e volevamo ampliare la nostra esperienza a livello internazionale mettendo a confronto le esperienze dei ricercatori di tutto il mondo.
Assicurare qualità di vita al malato significa principalmente due cose: anzitutto sopravvivenza, se si può, ma anche come viene vissuta la vita dopo la guarigione o quella che rimane. In questi ultimi due casi gli obiettivi sono diversi: se possiamo guarire il paziente la qualità di vita è più secondaria e orientata soprattutto a quella che sarà la qualità di vita del paziente dopo l’avvenuta guarigione, ad esempio l’attività sessuale o la possibilità di procreare. Per chi ha una diagnosi infausta come il tumore del polmone in metastasi, magari con soli sei mesi di vita, il rapporto si inverte: l’obiettivo primario diventa la qualità di vita cioè come il paziente vive quei mesi che gli restano. Ciò significa non solo palliazione dei sintomi ma anche qualità del trattamento perché se questo non ha obiettivi che sono la guarigione o un’ampio prolungamento della vita, allora deve essere poco tossisco e rispettare la qualità di vita dell’ammalato. Un grosso aiuto ci viene dalle scale di valutazione che con dei questionari permettono di misurare se la qualità di vita degli ammalati migliora, peggiora o rimane costante. E’ soprattutto quando c’è da fare un confronto tra trattamenti simili che è fondamentale poter determinare quale delle terapie induce la migliore qualità di vita cioè migliore palliazione dei sintomi e minore tossicità. Ma nonostante la disponibilità delle scale e l’interesse suscitato non è stato ancora fatto molto in termini di studi, soprattutto nella valutazione e nella discussione del rapporto tra i due obiettivi diversi dell’oncologia: sopravvivenza e qualità di vita.
Fino a un anno ho lavorato al Pascale di Napoli poi sono diventato primario oncologo ad Avellino. Le mie ricerche sono cominciate con il coordinamento del primo studio al mondo, denominato ELVIS, pubblicato nel ’99 sulla più importante rivista internazionale di oncologia (Journal of National Cancer Institute) con l’obiettivo primario di misurare la qualità di vita dei malati di tumore. Lo studio ELVIS ha dimostrato che la chemioterapia con un solo farmaco migliora la sopravvivenza ma anche la qualità di vita dei pazienti rispetto alla sola terapia di supporto. Successivamente abbiamo praticato un altro studio denominato MILES (su 700 pazienti anziani con tumore avanzato al polmone) che ha dimostrato che è meglio limitare la chemioterapia ad un solo farmaco rispetto l’associazione di più farmaci.
L’OMS dà una definizione tridimensionale della qualità di vita: fisica, psichica e sociale
Qualità di vita fisica significa anzitutto palliazione dei sintomi: ridurre il dolore in genere nei vari tipi di tumore, nel polmone la tosse e l’affanno, nel tratto genito-urinario l’incontinenza e le difficoltà ad urinare. E poi significa prevenzione degli effetti collaterali dei trattamenti cioè utilizzo delle terapie meno aggressive e di farmaci specifici di supporto per ridurre gli effetti collaterali. Le condizioni psicologiche del paziente sono legate al forte stato depressivo causato dal tumore e la condizione sociale è anche fortemente minata perché il paziente viene spesso estirpato dalla sua vita, dalle sue relazioni e dai suoi affetti.
Nei pazienti potenzialmente guaribili (linfomi, tumori del testicolo anche se in metastasi, tumori in stadio iniziale guaribili con la chirurgia come quello alla mammella, al colon e altri) la qualità di vita assume un aspetto un po’ più secondario rispetto alla guarigione. Comunque è possibile migliorare la qualità di vita durante e dopo i trattamenti di questi pazienti. Ad esempio la chemioterapia ai giovani provoca forte vomito e oggi ci sono dei migliori farmaci antiemetici a disposizione. Per una migliore vita post-terapia ci sono molti esempi: nei pazienti con linfoma la chemioterapia provoca sterilità perciò è necessario conservare il liquido staminale in modo che si possa avere dei figli; nei pazienti con tumore al testicolo ci possono essere problemi di eiaculazione che creano problematiche di natura psicologica e di relazione di coppia. Nelle donne operate al seno è oggi possibile riuscire a togliere solo il linfonodo ‘sentinella’ e non tutti i linfonodi della zona ascellare con conseguenze permanenti di edema a livello del braccio che limitano la mobilità e accrescono la possibilità di infiammazioni e flebiti ricorrenti. Nei pazienti operati per tumori ginecologici bisogna tenere in considerazione la compromissione dell’attività sessuale, per quelli dell’intestino si può cercare di evitare la borsa extracorporea collegando i tratti di intestino operati. Per quanto riguarda l’astenia e la fatigue da tumore ciò rientra nel discorso della tossicità del trattamento.
Camere a due o tre posti, bagno e TV in camera, tutto climatizzato, programma di musicoterapica per chi fa la chemioterapia, supporto di uno psicologo, scelta a pranzo e cena di tre differenti menù: ad Avellino ho puntato molto sull’aspetto dell’umanizzazione. Questo tipo di accoglienza dell’ammalato è fondamentale e purtroppo non c’è ancora molta attenzione su questo. Ho avuto la piena collaborazione della Direzione Generale e della Direzione Sanitaria del mio ospedale e creando questo modello di accoglienza e istituendo protocolli terapeutici ad alto contenuto scientifico e con nuovi farmaci in un anno di lavoro ho raddoppiato i ricoveri ordinari e quintiplicato quelli in day hospital. La metà dei pazienti viene da fuori Avellino, dalle città e dalle province di Napoli, Benevento, Salerno e Caserta e vi sono diversi ricoveri da fuori Regione, dalla Puglia, dalla Basilicata, dal Molise, dal Lazio e dalla Toscana.

IL DOTT. GRIDELLI E’ DIRETTORE DELL’UNITÀ OPERATIVA DI ONCOLOGIA MEDICA DELL’AZIENDA OSPEDALIERA “S.G.MOSCATI” DI AVELLINO E ORGANIZZATORE DEL CONGRESSO DI NAPOLI
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