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Medinews
25 Novembre 2002

Artrosi: incubo ponti per 60 mila veneziani

Soluzioni efficaci dall’87° Congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia in corso a Venezia. I dati pubblicati sugli Archives of Internal Medicine confermano il ruolo chiave di glucosamina solfato, frutto della ricerca italiana

Venezia, 22 ottobre 2002 – Soffrire di artrosi a Venezia, dove i numerosi ponti costringono ginocchia, anche e colonna vertebrale a continue sollecitazioni, è davvero complicato. Gli anziani, circa 60 mila in città, sono i più a rischio per i dolori articolari dovuti proprio ai percorsi a saliscendi.

Camminare nelle calli diventa particolarmente disagevole quando la lesione delle strutture osteoarticolari ha raggiunto uno stadio avanzato. Ma c’è anche un lato positivo nell’architettura veneziana. “Salire e scendere ponti può rappresentare un modo vantaggioso di eseguire un esercizio di prevenzione dell’artrosi delle ginocchia”, spiega il dottor Gianni Leardini del Centro per la diagnosi e la terapia ambulatoriale delle malattie reumatiche di Mestre. E proprio a Venezia si sono dati appuntamento fino a giovedì i massimi esperti italiani per l’87° congresso nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia.

Malattia tipica della terza età, l’artrosi è ormai una piaga nazionale in un Paese come il nostro dove il 25% della popolazione, quasi venti milioni di persone, ha più di 65 anni. Secondo le stime più recenti sono infatti almeno 5 milioni gli italiani afflitti da questa patologia. Se poi ci si sposta in Veneto, e in particolare nel suo capoluogo, le percentuali tendono a salire. Venezia, infatti, con i suoi 60 mila over 65 merita il titolo di città più “vecchia” d’Italia. Cosa fare allora per difendersi dall’artrosi? Fino ad oggi esistevano solo due approcci, quello chirurgico che prevede la sostituzione dell’ articolazione danneggiata con una protesi e quello con l’antinfiammatorio volto esclusivamente ad alleviare i sintomi, ma del tutto inefficace dl punto di vista curativo. L’obiettivo dei medici e l’auspicio dei pazienti è invece una cura capace se non di ripristinare la cartilagine, almeno di bloccare il progredire della malattia. “La terapia della malattia – afferma ancora Leardini – non si può limitare al controllo del sintomo dolore ma deve mirare, laddove possibile, a prevenire la comparsa del danno strutturale o, quantomeno, a limitarne l’evoluzione. E oggi si può asserire, sulla base di evidenze scientifiche, che questo obiettivo è finalmente raggiungibile utilizzando farmaci come la Glucosamina solfato, che, somministrata alla dose di 1500 mg al giorno per 3 anni, ha dimostrato di essere in grado di limitare la progressione del danno artrosico”.
“Utilizzata per tre anni – dichiara il professor Lucio Rovati, farmacologo e autore dei due studi di recente pubblicati sulla glucosamina solfato – questa molecola ha fatto registrare un blocco della progressione del danno strutturale delle articolazioni, obiettivo che tutti stanno cercando di ottenere, perché una volta che la struttura articolare si deteriora la malattia progredisce portando inesorabilmente il paziente all’invalidità. Se noi riusciamo a contenere il peggioramento del danno strutturale, dovremmo essere in grado di rallentare o addirittura di abolire la possibile invalidità.
Certo, come per la maggior parte della malattie, la prevenzione rimane l’arma vincente. E una moderata attività fisica svolta con continuità ma senza eccessi, ad ogni età è importante. “Premesso che un corretto esercizio è utile nella prevenzione e cura dell’artrosi conclude Leardini – talvolta si cade nell’errore di sottovalutare l’azione terapeutica dell’attività fisica, nella convinzione che più se ne pratica maggiore è il beneficio che se ne trarrà. Convincimento sbagliato in quanto l’eccessivo carico articolare, che può derivare, ad esempio, da un lavoro di palestra troppo spinto, è paragonabile al ripetersi di quei microtraumatismi che rappresentano un elemento innescante l’esordio e l’aggravamento dell’artrosi”.
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