La dott.ssa Alessandra Fabi: “L’assistenza non può e non deve limitarsi alla sola somministrazione di terapie”. La dott.ssa Agnese Fabbri: “Il malato va accompagnato, anche a livello psicologico, dopo il percorso di cura”. Il prof. Emilio Bria: “Sempre più attenzione al tema della qualità di vita”
31 ottobre 2023 – Oblio, riconoscimento dello status di portatore di rischio oncologico e garanzia di un percorso guidato per gli esiti di un trattamento. Sono questi i tre diritti ritenuti fondamentali dai pazienti oncologici residenti, o in cura, nella Regione Lazio che ribadiscono con forza la necessità di vivere una condizione di cittadino alla pari. E’ quanto emerso ieri a Roma durante l’evento AIOM incontra i pazienti, I salotti dell’oncologia che si svolge presso il Teatro Sala Umberto. E’ stato organizzato dal Direttivo Regionale AIOM Lazio (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e si articola in un confronto tra la componente medica (appartenente a grandi istituzioni e ospedali) e la società civile (associazioni di pazienti e media). L’obiettivo è stato valutare insieme quali siano i punti più interessanti e “caldi” da affrontare per migliorare l’accesso all’assistenza e la presa in carico dei malati colpiti da neoplasia. “Nella nostra Regione ogni anno si registrano 31mila nuovi casi di tumore – ha sottolineato la dott.ssa Alessandra Fabi, Coordinatore AIOM Lazio e Responsabile UOSD Medicina di precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” -. Un numero che sta crescendo in linea con quanto sta avvenendo nel resto del nostro Paese. Quindi il sistema sanitario regionale deve affrontare una maggiore mole di lavoro. L’assistenza ai pazienti però non può e non deve limitarsi alla sola somministrazione delle terapie”. “I nuovi trattamenti hanno aperto importanti prospettive e nuove possibilità anche per la gestione delle forme di cancro più aggressive – ha aggiunto il prof. Emilio Bria, responsabile dell’Unità Semplice Dipartimentale di Oncologia Toraco-Polmonare presso il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma -. Esistono terapie innovative, recentemente introdotte nella pratica clinica, e anche combinazioni di farmaci molecolari e chemioterapici. L’innovazione non riguarda solo però la maggiore efficacia di cura in termini di sopravvivenza a guarigione. L’oncologia moderna riserva sempre più attenzione al tema della qualità di vita durante e soprattutto dopo i trattamenti anti-cancro. Registriamo un rinnovato interesse su questi ambiti all’intero dei trial clinici e dell’attività medica ordinaria”.
In Italia si calcola che un paziente oncologico su quattro guarisce dalla malattia. “L’AIOM nazionale sta già lavorando da tempo, al fianco delle associazioni, per sostenere il diritto all’oblio oncologico – ha proseguito Fabi -. Si stanno ottenendo risultati estremamente importanti soprattutto a livello di riconoscimento legislativo. Tuttavia resta ancora molta strada da percorre perché il cancro sia effettivamente considerata una patologia non per forza mortale. Al tempo stesso andrebbero tutelati anche i portatori di rischio oncologico come le persone che presentano mutazioni associate a neoplasie che possono insorgere in diverse parti del corpo. Le più note sono quelle dei geni BRCA1 e BRCA2 che possono essere individuati grazie a test genetici che devono essere garantiti”. “E’ necessaria inoltre un’assistenza integrata che stabilisca per tutti i pazienti percorsi omogenei di diagnosi e terapia – ha sostenuto la dott.ssa Agnese Fabbri, Responsabile Centro Breast Unit della ASL di Viterbo -. Esemplare in questo senso è il tumore del seno che viene affrontato all’intero delle Breast Unit e quindi con un approccio multidisciplinare”. “E’ una malattia che può ripresentarsi anche a distanza di anni e il follow risulta di fondamentale importanza – ha aggiunto la dott.ssa Antonella Savarese, Dirigente Medico presso Istituti Fisioterapici Ospitalieri – Istituto Nazionale Tumori “Regina Elena” -. Il paziente va accompagnato, anche a livello psicologico, nella delicata fase che fa seguito alla somministrazione delle terapie”. “Per incentivare una cura che sia realmente a 360 gradi sono indispensabili maggiori scambi d’informazioni e collaborazioni tra medici e pazienti – ha concluso la dott.ssa Fabi -. Ed è proprio questo il senso dell’evento di oggi, che abbiamo promosso come sezione regionale della nostra Società Scientifica”.