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27 Luglio 2017

PRESS BRIEFING – MELANOMA: “SCOPERTO COME SBLOCCARE UN NUOVO FRENO AL TRATTAMENTO COSÌ L’IMMUNO-ONCOLOGIA DIVENTA PIÙ EFFICACE CONTRO IL TUMORE”

Chicago, 3 giugno 2017 – Il prof. Paolo Ascierto, Direttore Oncologia all’Istituto ‘Pascale’ di Napoli: “Il 20% delle risposte registrato in pazienti che esprimono LAG-3 sulle cellule malate. Il recettore può essere decisivo nella resistenza alla terapia”

Scoperti nuovi meccanismi di resistenza al trattamento nei pazienti colpiti da melanoma metastatico. L’ostacolo da superare si chiama LAG-3 e rappresenta un checkpoint immunitario utilizzato dal cancro per aggirare la risposta alle terapie immuno-oncologiche. È stato dimostrato che la combinazione di una nuova molecola anti LAG-3 con nivolumab, farmaco immuno-oncologico, permette di sbloccare questo freno e di vincere la resistenza al trattamento. L’importanza di questi risultati è tale che saranno presentati oggi in una poster discussion al 53° Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) in corso a Chicago. “Siamo di fronte al futuro dell’immuno-oncologia – spiega il prof. Paolo Ascierto, Direttore Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione ‘G. Pascale’ di Napoli, che ha coordinato la sperimentazione -. Nello studio, di fase I, sono stati arruolati 212 pazienti oncologici alcuni dei quali avevano già ricevuto una terapia immuno-oncologica anti PD-1. Sono disponibili i dati relativi a 55 malati di melanoma: nel 12% dei casi è stata raggiunta una risposta oggettiva e nel 54,2% si è registrato il cosiddetto clinical benefit, cioè un beneficio clinico più ampio perché ha incluso sia la risposta che la stabilità di malattia. Inoltre il 20% delle risposte è stato registrato in pazienti che esprimevano il recettore LAG-3 nel tessuto tumorale (solo il 7% dei pazienti che non presentavano questa espressione ha risposto). È la dimostrazione che questa proteina svolge un ruolo decisivo nella resistenza ai farmaci anti-PD1 come nivolumab”. Il valore della ricerca italiana è confermato anche da un altro studio (Secombit), presentato a Chicago e promosso dalla Fondazione Melanoma. “L’obiettivo – continua il prof. Ascierto, che è anche presidente della Fondazione – è individuare la giusta sequenza di terapie nei pazienti con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF. Sono state coinvolte 230 persone da 9 Paesi europei. Il primo paziente è stato arruolato a novembre 2016 e l’arruolamento terminerà a giugno 2018. Il termine dello studio è previsto a giugno 2021. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore: cioè la combinazione di terapie target (per proseguire con la combinazione di molecole immuno-oncologiche dopo progressione di malattia) o immuno-oncologiche (per proseguire con la combinazione di target therapy dopo progressione) oppure la sequenza di terapie target e immuno-oncologiche (e solo in caso di progressione la prosecuzione con terapie target)”. In dieci anni in Italia sono quasi raddoppiati i nuovi casi di melanoma: nel 2006 erano poco più di 7.000, 13.800 nel 2016. E si stima che nel nostro Paese quasi 130mila persone vivano dopo la diagnosi. Al Congresso ASCO sono oggetto di presentazioni orali due studi che confermano l’efficacia della combinazione di due farmaci immuno-oncologici, nivolumab e ipilimumab, in pazienti particolarmente complessi. “Innanzitutto nello studio CheckMate 218 è stato analizzato l’Expanded Access Program che ha coinvolto 732 malati che avevano ricevuto già precedenti trattamenti sistemici, caratterizzati pertanto da fattori prognostici sfavorevoli – continua il prof. Ascierto -. Il tasso di sopravvivenza a un anno è stato del 78,6% e a due anni del 65,3%. Questi dati sono in linea con i risultati delle sperimentazioni cliniche precedenti. Si tratta di uno studio ‘expanded access’ per cui più aderente alla pratica clinica quotidiana rispetto ai trial registrativi”. CheckMate 204, trial di fase II, invece ha analizzato l’efficacia della combinazione dei due farmaci in pazienti con metastasi cerebrali (di dimensioni non superiori ai 3 cm), senza sintomi neurologici (e non in trattamento con steroidi). “Le metastasi cerebrali – conclude il prof. Ascierto – rappresentano la principale causa di morte nelle persone con melanoma in fase avanzata. A un follow up mediano di 6,3 mesi, la risposta oggettiva è stata del 56% e nel 19% dei pazienti si sono registrate risposte complete. La combinazione quindi ha un’elevata attività intracranica, inoltre non ci sono stati segni aggiuntivi di tossicità neurologica. Questa è la prima dimostrazione che la combinazione di farmaci immuno-oncologici può avere effetti importanti in pazienti con metastasi cerebrali che sono i più difficili da trattare”.
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