Numero 2 –  19 giugno 2021
Comitato scientifico editoriale: Giordano Beretta, Saverio Cinieri, Massimo Di Maio, Antonio Russo
Editore: Intermedia – Direttore Responsabile: Mauro Boldrini – Reg. Trib. di Brescia n.35/2001 del 2/7/2001

GENITOURINARY CANCERS

Al congresso ASCO di quest’anno ben due studi in ambito genitourinario sono stati presentati in sessione plenaria: lo studio Keynote-564 che ha valutato Pembrolizumab in adiuvante e lo studio di Teranostica sul carcinoma prostatico resistente alla castrazione.
La novità più importante è rappresentata proprio dall’utilizzo di Pembrolizumab come trattamento adiuvante, per un totale di 17 cicli (1 anno di trattamento), nei pazienti con carcinoma renale operato a rischio intermedio-alto, ad alto rischio o nei pazienti M1 resi NED dopo chirurgia delle oligometastatsi. Pembrolizumab ha dimostrato un vantaggio consistente in DFS, rispetto a Placebo, sebbene i dati in OS non siano ancora maturi. Non sono emerse inoltre ulteriori tossicità rispetto a quelle già note. Sulla base dello studio KEYNOTE 564 Pembrolizumab potrebbe diventare il nuovo trattamento standard di cura nei pazienti affetti da carcinoma renale nel setting adiuvante.
Per quanto riguarda la seconda/terza linea nel carcinoma renale sono stati presentati i dati dello studio CANTATA studio di fase 3, che, in doppio cieco ha valutato l’associazione di Cabozantinib più Telaglenastat rispetto al placebo più Cabozantinib. Nonostante le aspettative lo studio è stato negativo sia in termini di PFS che di OS…continua a leggere


BREAST CANCER

L’ASCO 2021 ci ha dato dei risultati secondo me estremamente interessanti. Ne ho selezionati alcuni, qualcuno dei quali può anche cambiare la pratica clinica.
Il primo fra tutti lo studio OlympiA che attendevamo da un po’ di tempo che proviene dai risultati di uno studio OLYMPIAD in fase metastatica che sancisce per la prima volta l’importanza del parp-inibitore in una linea avanzata di malattia nelle pazienti BRCA-mutate e lo stesso risultato viene traslato a livello di early breast cancer nelle donne operate con tumore della mammella BRCA-1 o 2 o BRCA1-2 -mutato, venivano randomizzate dopo aver effettuato un trattamento chemioterapico neoadiuvante o adiuvante o trattamento ormonale, associato o meno una radioterapia, randomizzate con un rapporto 1:1 a ricevere olaparib verso placebo per 1 anno. Questo risultato ad un follow up di 3 anni e mezzo ci dà un’importantissima evidenza. A queste donne l’effetto del parp-inibitore aumenta il beneficio in termini di prima ricaduta di malattia e anche di overall survival. Quali sono stati i numeri? Le pazienti in trattamento con olaparib passano da un intervallo libero da malattia del 77% all’86%, quindi quasi il 9% di differenza tra i due bracci di trattamento. Una differenza che viene evidenziata anche nel caso di malattia a distanza quindi le metastasi a distanza, si passa dall’80% del placebo all’87,5% con olaparib, in questo caso un 7,5% di differenza, ma la cosa importante è che già si evidenzia l’overall survival, il beneficio del parp-inibitore olaparib in termini di sopravvivenza vera e propria, passando da un 88% di sopravvivenza al 92%. Un risultato eclatante che cambia inevitabilmente lo standard of care e che diamo a questa sottopopolazione di donne che hanno già una particolare malattia che le porta a fare scelte molto serie, quali le profilassi chirurgiche sia mammaria che ovarica, diamo un beneficio proprio nella sopravvivenza, l’endpoint assoluto che noi oncologi vogliamo raggiungerecontinua a leggere



HEAD-NECK CANCERSGYNECOLOGICAL CANCERSCENTRAL NERVOUS SYSTEM TUMORS

Il grande protagonista del congresso ASCO nei tumori testa-collo è stato sicuramente il tumore della rinofaringe. I primi due studi randomizzati presentati hanno portato l’immunoterapia insieme alla chemioterapia nella prima linea del trattamento della malattia recidivata e/o metastatica. Terapia a base di platino e gemcitabina più immunoterapia ha superato il solo platino + gemcitabina. Potenziali gli sviluppi futuri per una malattia che risulta essere sempre più sensibile a diversi trattamenti sistemici. Altri studi presentati evidenziano il vantaggio indotto da capecitabina adiuvante a dosaggio standard e a schedula metronomica post trattamento di radio chemioterapia nei pazienti ad alto rischio. Anche qui è stato evidenziato un vantaggio statisticamente significativo.
Si è inoltre rafforzata l’idea della de-escalation nei tumori HPV positivi attraverso la conferma dei dati dello studio ECOG 3311; in particolare per tutti quei pazienti con fattori di rischi patologici intermedi la riduzione della dose di trattamento radioterapico ha lasciato invariata la prognosi globalmente….continua a leggere



L’immunoterapia nel tumore dell’ovaio continua ad essere negletta e sono giunti, infatti, ulteriori risultati negativi di uno studio che combinava pembrolizumab alla chemioterapia neodiuvante nel tumore dell’ovaio in prima linea. Lo studio aveva l’obiettivo di capire se pembrolizumab più chemioterapia rispetto a chemioterapia da sola aumentasse la percentuale di citoriduzione al momento dell’intervento. Questo non è stato dimostrato così come non c’è nessuna differenza in termini di Progression-free Survival. Si apre invece uno spiraglio per l’immunizzazione attiva ed è stato presentato uno studio con dati molto interessanti sul composto gemogenovalucelt. Dato come terapia di mantenimento al termine della prima linea di chemioterapia, ha dato un segnale di efficacia nell’aumentare la Progression Free Survival nelle pazienti senza deficit della ricombinazione omologa (che sono le malate che presentano una prognosi peggiore)….continua a leggere



All’ASCO di quest’ anno per neoplasie cerebrali sono stati presentati dati interessanti relativi al ruolo di IDH e agli effetti terapeutici dei farmaci inibitori di questo gene. IDH, quando mutato, determina una migliore prognosi nei gliomi, e può conferire anche un quadro di BRCAness in grado di sensibilizzare alcuni trattamenti mirati, come ad esempio gli inibitori di PARP. È stato presentato uno studio di fase 2 da Ducray e Colleghi in cui però olaparib non ha dimostrato di essere efficace nei pazienti con recidiva di glioma ad alto grado IDH mutato.
Per quanto riguarda invece gli inibitori diretti di IDH1 e 2 come ivosidenib e vorasidenib, i dati prodotti da Lu e Colleghi hanno suggerito che l’inibizione di IDH porti ad una modulazione dell’immunità intratumorale e anche a un pattern genetico maturativo. Questo spiega perché abbiamo un chiaro rallentamento del metabolismo cellulare e della crescita delle neoplasie con questa mutazione quando trattate con questi farmaci…continua a leggere


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