Newsletter settimanale Aiom
Anno XX - Numero 858 - 19 aprile 2022

Hanno curato la selezione degli articoli scientifici e i commenti di questo numero: Nicola Silvestris, Mariacarmela Santarpia, Tindara Franchina, Claudia Spagnolo, Calogero Sciumè, Paolo Caruso (Oncologia Medica, Dipartimento di Patologia Umana dell’Adulto e dell’Età Evolutiva “G.Barresi”, Università degli Studi di Messina)



Coordinatori: Massimo Di Maio, Silvia Novello
Editore: Intermedia - Direttore Responsabile: Mauro Boldrini

 

Oggi in Oncologia

Trastuzumab Deruxtecan versus Trastuzumab Emtansine for Breast Cancer

Trastuzumab emtansine is the current standard treatment for patients with human epidermal growth factor receptor 2 (HER2)-positive metastatic breast cancer whose disease progresses after treatment with a combination of anti-HER2 antibodies and a taxane. We conducted a phase 3, multicenter, open-label, randomized trial to compare the efficacy and safety of trastuzumab deruxtecan … (leggi tutto)

Circa il 20% dei carcinomi della mammella presenta un’aumentata espressione del recettore per il fattore di crescita epidermico umano 2 (HER2). Nonostante le terapie mirate anti-HER2 abbiano migliorato la prognosi di questo sottogruppo di pazienti, nella maggioranza dei casi di malattia localmente avanzata o metastatica si assiste ad una progressione di malattia.
Il trattamento standard di prima linea del carcinoma mammario metastatico HER2-positivo è rappresentato dalla combinazione di pertuzumab e trastuzumab (anticorpi monoclonali anti-HER2) con un taxano. Alla progressione di malattia, il trattamento di seconda linea consiste nel trastuzumab emtansine, come indicato dai risultati dello studio EMILIA, che ha mostrato una sopravvivenza libera da progressione (PFS, progression-free survival) di 9.6 mesi e una sopravvivenza mediana complessiva di 30.9 mesi.
Trastuzumab deruxtecan (noto anche come T-DXd e DS-8201) è un anticorpo-farmaco coniugato, costituito da un anticorpo monoclonale umanizzato anti-HER2 legato ad un inibitore della topoisomerasi I tramite un linker scindibile tetrapeptidico, che presenta un meccanismo d’azione altamente selettivo a livello delle cellule tumorali che iperesprimono HER2, con la potenzialità quindi di ridurre gli effetti collaterali sistemici. Nello studio di fase 2, DESTINY-Breast01, trastuzumab deruxtecan aveva dimostrato un’attività antitumorale significativa e duratura nelle pazienti HER2-positive pretrattate, supportando quindi il razionale dello studio di fase 3, DESTINY-Breast03.
Nello studio di fase 3, multicentrico, internazionale, randomizzato, in aperto, DESTINY-Breast03, 524 pazienti con carcinoma mammario HER2-positivo, non resecabile o metastatico, precedentemente trattate con trastuzumab e un taxano, sono state randomizzate, in un rapporto 1:1, a ricevere un trattamento con trastuzumab deruxtecan (5.4 mg/kg ogni 3 settimane) oppure trastuzumab emtasine (3,6 mg/kg ogni 3 settimane). La popolazione in studio includeva anche pazienti in progressione entro 6 mesi dalla terapia neoadiuvante o adiuvante e pazienti con metastasi cerebrali già trattate, clinicamente stabili.
L’endpoint primario era la PFS valutata mediante revisione centrale indipendente, mentre l’endpoint secondario principale era la sopravvivenza globale (OS). Altri endpoint secondari includevano il tasso di risposta obiettiva (ORR), la durata della risposta (DoR), la PFS valutata dagli sperimentatori e la sicurezza.
Le caratteristiche basali delle pazienti erano ben bilanciate nei due bracci di trattamento. Il follow up mediano è stato di 16.2 mesi con trastuzumab deruxtecan e 15.3 mesi con trastuzumab emtasine.
Il trattamento con trastuzumab deruxtecan ha mostrato un significativo vantaggio rispetto a trastuzumab emtansine in termini di PFS (mediana non raggiunta verso 6.8 mesi, rispettivamente), come da revisione centrale indipendente. La PFS a 12 mesi è stata del 75.8% nei pazienti trattati con trastuzumab deruxtecan e del 34.1% in quelli trattati con trastuzumab emtasine (hazard ratio, HR: 0.28; 95% IC, 0.22-0.37; P<0.001). La PFS mediana valutata dagli sperimentatori è stata di 25.1 mesi verso 7.2 mesi per trastuzumab deruxtecan e trastuzumab emtasine, rispettivamente. L’OS a 12 mesi è stata del 94.1% con trastuzumab deruxtecan e dell’85.9% con trastuzumab emtasine (HR, 0.55; 95% IC, 0.36-0.86; significatività statistica non ancora raggiunta).
Anche in termini di risposte obiettive e di controllo di malattia, trastuzumab deruxtecan è risultato superiore a trastuzumab emtasine, con un tasso di risposte del 79.7% verso 34.2%, incluso un maggior numero di risposte complete, ed una percentuale di controllo di malattia (disease control rate, DCR) di 96.6% verso 76.8%.
Il beneficio in termini di PFS è stato osservato in tutti i principali sottogruppi analizzati. In particolare, nel sottogruppo delle pazienti con metastasi cerebrali trattate e stabili, la PFS mediana è risultata quasi tre volte più lunga con trastuzumab deruxtecan rispetto a trastuzumab emtasine (15.0 mesi verso 5.7 mesi). Il beneficio è particolarmentte evidente in chi ha ricevuto nessuna o una sola linea di terapia rispetto a chi ha ricevuto 2 o più linee. Per quanto riguarda il profilo di tossicità, l’incidenza degli eventi avversi è risultata simile nei due bracci di trattamento con trastuzumab deruxtecan e trastuzumab emtansine (99.6% e 95.4%, rispettivamente), così come l’incidenza di eventi avversi di grado ≥ 3 (52.1% verso 48.3%). L’incidenza di eventi avversi di grado 3 e 4 correlati al farmaco è stata di 45.1% verso 39.8%. Tra questi, quelli più frequenti associati a trastuzumab deruxtecan sono stati neutropenia (19.1%), trombocitopenia (7%), nausea (6.6%), leucopenia (6.6%) e anemia (5.8%), mentre quelli più comuni associati a trastuzumab emtasine sono stati trombocitopenia (24.9%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (5%), aumento dell’alanina aminotransferasi (4.6%) e anemia (4.2%). Casi di malattia polmonare interstiziale o polmonite sono stati identificati nel 10.5% con trastuzumab deruxtecan e nell’ 1.9% con trastuzumab emtasine, nessuno di grado 4 o 5.
Da notare che la PFS mediana di 6,8 mesi con trastuzumab emtansine in questo studio è inferiore rispetto a quanto riportato in precedenza nello studio EMILIA (9.6 mesi). Questa differenza potrebbe essere legata al fatto che la maggioranza delle pazienti nello studio DESTINY-Breast03 aveva precedentemente ricevuto un trattamento con pertuzumab. I risultati di PFS più breve con trastuzumab emtansine sono infatti in linea con quelli dello studio KATE2 e degli studi real-world in pazienti trattate dopo una prima linea con pertuzumab e trastuzumab in combinazione con un taxano.
Alla luce del beneficio clinico statisticamente significativo riportato nello studio DESTINY-Breast03 e dell’accettabile profilo di tossicità, trastuzumab deruxtecan rappresenta un nuovo trattamento efficace di seconda linea per il carcinoma mammario HER2-positivo. Va sottolineata l’importanza di un attento monitoraggio clinico e l’effettuazione di riduzione della dose o l’interruzione del farmaco nel caso di insorgenza di malattia polmonare interstiziale e di polmoniti.













An open-label phase II study of the efficacy of nivolumab for cancer of unknown primary

Cancer of unknown primary (CUP) has a poor prognosis. Given the recent approval of immune checkpoint inhibitors for several cancer types, we carried out a multicenter phase II study to assess the efficacy of nivolumab for patients with CUP. Patients with CUP who were previously treated with at least one line of systemic chemotherapy constituted the principal study population. ..
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Il carcinoma a primitività sconosciuta (CUP, cancer of unknown primary) è definito come un carcinoma metastatico confermato istologicamente per il quale non è stato possibile identificare il sito primario di origine, nonostante un appropriato iter diagnostico.
Il CUP rappresenta circa il 2-5% di tutti i tumori maligni diagnosticati, con un’incidenza che varia dai 5.3 ai 19 casi per 100.000 abitanti a livello globale. La maggior parte di questi carcinomi, circa l’80%, rientra in un subset a prognosi sfavorevole che viene trattato prevalentemente con regimi chemioterapici, tra cui le doppiette a base di platino e taxani. Il CUP rappresenta infatti un’entità clinica altamente eterogenea, limitando in tal modo la possibilità di sviluppare trattamenti specifici. Alcuni studi hanno dimostrato una potenziale suscettibilità di queste neoplasie al trattamento con l’immunoterapia in considerazione della dimostrazione di un profilo immunologico simile a quello di neoplasie responsive agli inibitori dei checkpoint immunitari (ICIs, immune checkpoint inhibitors).
In questo studio di fase II, open-label, multicentrico, Tanizaki et al. hanno valutato l’attività dell’anti-PD-1 nivolumab nei pazienti con CUP. I criteri di eleggibilità erano una diagnosi istopatologica (con valutazione immunoistochimica) di CUP, previa valutazione sia strumentale (mediante TC torace-addome-pelvi, PET, gastroscopia, colonscopia) che clinica (in base al sospetto patologico di base: senologica per pazienti con adenocarcinoma; urologica in pazienti con lesioni principali peritoneali, inguinali o retroperitoneali; otorinolaringoiatrica in pazienti affetti da istotipi squamosi). Altri criteri di eleggibilità erano la presenza di malattia misurabile secondo i criteri RECIST 1.1, ECOG Perfomance Status 0-1, ed almeno una precedente linea di terapia sistemica a base di platino (da notare come nello studio siano stati comunque inclusi 11 pazienti naïve per precedenti trattamenti ai fini di una analisi esploratoria anche in questo subset di pazienti).
Criteri d’esclusione erano la presenza di una patologia autoimmune concomitante, precedenti trattamenti con ICIs e la diagnosi di CUP rientrante nel subset a prognosi favorevole (es. carcinoma neuroendocrino, adenocarcinoma limitato ai linfonodi ascellari nelle donne, carcinosi peritoneale, carcinoma squamoso limitato ai linfonodi cervicali, sovraclaveari o inguinali).
I pazienti inclusi ricevevano il trattamento con nivolumab alla dose di 240 mg ogni 2 settimane (fino ad un massimo di 52 cicli o tossicità inaccettabile). L’ endpoint primario dello studio era il tasso di risposte obiettive (ORR), valutato con revisione centralizzata indipendente in cieco. Gli endpoint secondari includevano la durata della risposta (DoR), la sopravvivenza libera da malattia (PFS) e la sopravvivenza globale (OS), oltre che i tassi di PFS ed OS a 6, 12, 18 e 24 mesi ed il profilo di tossicità.
In totale sono stati inclusi 56 pazienti nello studio. Dopo un follow-up mediano di 8.4 mesi, tra i 45 pazienti pretrattati (popolazione target dello studio), il 4.4% ha ottenuto una risposta completa (CR) ed il 17.8% una risposta parziale (PR), con una ORR del 22.2%, soddisfacendo dunque l’endpoint primario. La DoR mediana è stata di 12.4 mesi. La PFS mediana è stata di 4 mesi, con un tasso di PFS a 6 mesi del 32% e la OS mediana è stata di 15.9 mesi, con un tasso di OS a 6 mesi del 73%.
Negli 11 pazienti non pretrattati, l’ORR è stata del 18.2%, con il 9.1% di CR ed il 9.1% di PR. In questo caso, la DoR è stata di 3.7 mesi. Dunque, considerata la popolazione globale dello studio, la ORR è stata del 21.4%. La PFS mediana è stata di 2.8 mesi (PFS a 6 mesi del 27%) e la OS mediana non è stata raggiunta (OS a 6 mesi del 73%).
Tra le analisi esploratorie vi era la valutazione degli outcomes clinici in base alle caratteristiche tumorali. L’efficacia di nivolumab è stata confermata in tutti i sottotipi istologici (OS a 6 mesi: 86% negli istotipi squamosi, 81% negli adenocarcinomi e 46% negli indifferenziati). Un maggior beneficio è stato osservato nei pazienti che avevano esclusivamente malattia linfonodale.
I pazienti la cui neoplasia esprimeva un PD-L1 TPS o CPS ≥1% (rispettivamente il 30.9% ed il 78.2% della popolazione), hanno esibito una ORR del 41.2% e del 27.9%; al contrario, nei pazienti i cui livelli di espressione di PD-L1 risultavano inferiori a tali valori soglia, l’ORR era del 13.2% e dello 0%, rispettivamente. E’stato osservato un beneficio clinico maggiore nei pazienti con elevati livelli di linfociti infiltranti il tumore (TILs) CD4+e CD8+, in quelli con elevato TMB (tumor mutational burden) o elevata instabilità microsatellitare (MSI-high). Non è stata riscontrata invece una correlazione tra le mutazioni di TP53, EGFR e KRAS e la risposta al nivolumab.
Per quanto riguarda il profilo di tossicità, il 94.6% dei pazienti ha sviluppato eventi avversi; di questi, il 60.7% erano di grado 3 o 4, con un 7.1% di pazienti che ha dovuto interrompere il trattamento. Non sono stati comunque riportati decessi correlati al nivolumab. Gli eventi avversi più comuni sono stati costipazione (23.2%), anemia (17.9%), diarrea (17.9%), ipotiroidismo (16.1%) e rash (16.1%). Eventi avversi immuno-correlati si sono registrati nel 7.1% dei pazienti, tra cui danno renale acuto (3.6%), epatite (1.8%) e rash (1.8%).
Nonostante il limitato numero di pazienti inclusi e la mancanza di un braccio di controllo, questo studio dimostra l’attività del nivolumab nei carcinomi a primitività sconosciuta. Da sottolineare che 5 dei 12 pazienti con risposta parziale o completa, hanno avuto una durata della risposta superiore ai 6 mesi. Un altro studio di fase II aveva dimostrato il beneficio di un altro anti-PD-1, il pembrolizumab, in questi tumori, riportando una ORR del 23%. Nonostante il beneficio risulti essere maggiore nei pazienti che presentano specifici biomarcatori notoriamente correlati alla risposta agli ICIs, alcuni pazienti hanno presentato risposte obiettive indipendentemente dai suddetti biomarcatori, sottolineando pertanto la necessità di indirizzare la ricerca sulla possibilità di selezionare in maniera più accurata i pazienti con CUP maggiormente responsivi al trattamento.












A randomised phase II study of osimertinib and bevacizumab versus osimertinib alone as second-line targeted treatment in advanced NSCLC with confirmed EGFR and acquired T790M mutations: the European Thoracic Oncology Platform (ETOP 10-16) BOOSTER trial

While osimertinib, a third-generation epidermal growth factor receptor (EGFR) tyrosine kinase inhibitor (TKI) is the standard treatment in patients with advanced non-small-cell lung cancer (NSCLC) with sensitising EGFR and acquired T790M mutations, progression inevitably occurs. The angiogenic pathway is implicated in EGFR TKI resistance ... (leggi tutto)

L’uso degli inibitori della tirosin-chinasi (tyrosine kinase inhibitors, TKIs) del recettore del fattore di crescita epidermico (epidermal growth factor receptor, EGFR) ha rivoluzionato la gestione dei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (non-small cell lung cancer, NSCLC) avanzato che presentano mutazioni a livello del gene che codifica per l’EGFR. Sebbene i TKIs di prima e seconda generazione abbiano dimostrato la loro efficacia nel trattamento di prima linea del NSCLC con mutazioni di EGFR, inevitabilmente i pazienti vanno incontro a progressione di malattia per lo sviluppo di meccanismi di resistenza acquisita, di cui il più comune è lo sviluppo della mutazione T790M a carico dell’esone 20.
Osimertinib è un inibitore tirosin-chinasico di terza generazione, irreversibile, in grado di agire sia a livello delle mutazioni sensibilizzanti di EGFR sia a livello della mutazione di resistenza T790M e rappresenta il trattamento standard di prima linea dei pazienti affetti da NSCLC avanzato, EGFR-mutato. Nello studio AURA3, osimertinib è stato associato ad una sopravvivenza libera da progressione (PFS) più lunga rispetto alla chemioterapia a base di platino in pazienti pretrattati con NSCLC avanzato con mutazioni sensibilizzanti di EGFR e mutazione T790M acquisita. Ma la PFS di soli 10 mesi in questo studio ha spinto a ricercare nuove strategie terapeutiche per migliorare l’outcome clinico dei pazienti in questo setting. Tra queste strategie, è stata studiata la combinazione di EGFR TKIs con farmaci anti-angiogenetici. Il fattore di crescita endoteliale vascolare (vascular endothelial growth factor, VEGF) svolge un ruolo fondamentale nell’ angiogenesi tumorale ed un incremento di VEGF è stato correlato alla resistenza alla terapia anti-EGFR. In studi preclinici, la combinazione di trattamenti anti-VEGF e di TKI diretti contro EGFR ha dimostrato un’attività antitumorale sinergica, ed anche in ambito clinico, l’associazione di agenti anti-angiogenici ed erlotinib ha dimostrato di prolungare la PFS rispetto alla monoterapia con erlotinib, nel trattamento di prima linea di pazienti affetti da NSCLC EGFR-mutato.
Sulla base di queste evidenze, è stato condotto uno studio di fase II, multicentrico, randomizzato, l’European Thoracic Oncology Platform (ETOP 10-16) BOOSTER, il cui obiettivo era di valutare l’efficacia, in termini di PFS, della combinazione di osimertinib e bevacizumab rispetto al solo osimertinib, in pazienti affetti da NSCLC EGFR-mutato con T790M acquisita dopo il fallimento di un precedente trattamento con un TKI.
Questo studio ha incluso pazienti affetti da NSCLC non squamoso, con mutazione dell’EGFR (delezione dell’esone 19 o L858R nell’esone 21), stadio IIIb/IIIc (non suscettibile di terapia radicale) o IVa/IVb secondo l’ ottava edizione dell’ American Joint Committee on Cancer (AJCC), e mutazione T790M rilevata nel tessuto o nel DNA tumorale circolante (ctDNA) alla progressione di malattia dopo precedente terapia con EGFR TKI effettuata come ultimo trattamento, considerato che potevano aver ricevuto una linea di chemioterapia a base di platino. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere osimertinib, somministrato per via orale alla dose di 80 mg giornalmente, in associazione a bevacizumab endovena 15 mg/kg ogni 3 settimane, o osimertinib da solo. L’endpoint primario era la PFS valutata dallo sperimentatore, secondo RECIST 1.1, mentre gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposte obiettive (ORR) e la valutazione della tossicità. Il trattamento, dopo una progressione documentata, era consentito per i pazienti che continuavano ad avere un beneficio clinico dal trattamento.
Lo studio ha arruolato 155 pazienti (78 nel braccio di combinazione e 77 nel braccio con osimertinib), con caratteristiche basali ben bilanciate nei due gruppi di trattamento. L’età media era di 67 anni e la maggioranza erano donne, non asiatiche e non fumatrici, con performance status ECOG di 1. La delezione dell’esone 19 dell’EGFR era presente nel 70% dei pazienti e 14% dei pazienti presentavano metastasi cerebrali.
Il tempo mediano di follow-up è stato di 33.8 mesi. La PFS ad un anno è stata del 60.3% nel braccio di combinazione e del 50.8% in quello con osimertinib. Non è stata dimostrata alcuna differenza statisticamente significativa di PFS mediana tra i due bracci di trattamento (15.4 mesi verso 12.3 mesi per il braccio di combinazione ed osimertinib, rispettivamente; P=0.71)
L’analisi per sottogruppi ha evidenziato come nei pazienti fumatori ed ex fumatori la PFS era significativamente più lunga con il trattamento combinato rispetto alla monoterapia, mentre nei non fumatori la differenza di PFS non era significativa.
Non è stata dimostrata una differenza significativa di OS tra il braccio di combinazione e quello con osimertinib (24 mesi e 24.3 mesi, rispettivamente). L’ORR è stata di 55% in entrambi i bracci di trattamento, con una durata della risposta di 14,5 mesi e 16,6 mesi nel braccio di combinazione ed in quello di osimertinib, rispettivamente.
Il tempo al fallimento della terapia (TTF), che rientrava tra gli obiettivi esploratori, è risultato essere significativamente più breve con l’utilizzo della combinazione (8.2 mesi) rispetto al braccio osimertinib (10,8 mesi). Alla progressione di malattia, il trattamento è stato proseguito in 24 (44%) dei 54 pazienti nel braccio di combinazione e in 28 (50%) dei 56 pazienti nel braccio con osimertinib da solo. Il 50% dei pazienti in entrambi i gruppi ha ricevuto ulteriori linee di trattamento, soprattutto chemioterapia. Per quanto riguarda le tossicità, gli eventi avversi correlati al trattamento di grado ≥3 sono stati riportati nel 47% e nel 18% dei pazienti nel braccio di combinazione ed in quello di monoterapia, rispettivamente, con una maggiore percentuale di eventi avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento nei pazienti che ricevevano la combinazione. Tra i più frequenti eventi avversi sono stati riscontrati la diarrea ed il rash acneiforme. La proteinuria, l’ipertensione, l’anoressia e la mucosite orale erano significativamente più frequenti nei pazienti trattati con la combinazione.
In conclusione nello studio BOOSTER l’aggiunta di bevacizumab a osimertinib dopo il fallimento di un precedente trattamento con EGFR TKI in pazienti con NSCLC avanzato con mutazioni sensibilizzanti di EGFR e T790M acquisita, non è stata associata ad un miglioramento della PFS, dell’OS o dell’ORR, con un incremento invece degli eventi avversi di grado ≥3 rispetto alla monoterapia con osimertinib. Tali risultati, come anche quelli del precedente studio WJOG8715L, non supportano l’utilizzo della combinazione di osimertinib e bevacizumab in questi pazienti,
È stata dimostrata una significativa interazione del fumo con l’efficacia del trattamento: i fumatori ed ex fumatori hanno ottenuto un beneficio statisticamente significativo in termini di PFS con il trattamento combinato, a differenza dei non fumatori. Lo stesso trend è stato dimostrato per quanto riguarda l’associazione del fumo con OS, sebbene non abbia raggiunto la significatività statistica. La maggiore efficacia della combinazione nei pazienti fumatori potrebbe correlarsi alla presenza di mutazioni di TP53 che sono state correlate ad un maggior beneficio dai farmaci anti-angiogenetici. Tuttavia, i risultati derivanti da questo studio, essendo analisi post-hoc, vanno interpretati con cautela e sono sicuramente necessari studi traslazionali su tessuto e biopsia liquida per identificare i biomarcatori predittivi di risposta a queste combinazioni terapeutiche nei pazienti fumatori. Inoltre, sulla base dei vantaggi in termini di OS e PFS riportati nello studio FLAURA, osimertinib rappresenta attualmente il trattamento standard di prima linea nei pazienti con tumore EGFR-mutato. Pertanto, alcuni studi ongoing con osimertinib in associazione a farmaci anti-angiogenetici potranno fornirci ulteriori dati sul ruolo di queste combinazioni nei pazienti EGFR TKI-naïve.













In Europa


FDA Approves Lutetium Lu 177 Vipivotide Tetraxetan for Metastatic Castration-Resistant Prostate Cancer

Apr 15, 2022 – On 23 March 2022, the US Food and Drug Administration (FDA) approved Pluvicto (lutetium Lu 177 vipivotide tetraxetan, Advanced Accelerator Applications USA, Inc., a Novartis company) for the treatment of adult patients with prostate-specific membrane antigen (PSMA)-positive metastatic castration-resistant prostate cancer … (leggi tutto)






EMA Recommends Extension of Therapeutic Indications for Polatuzumab Vedotin

Apr 14, 2022 – On 24 March 2022, the European Medicines Agency’s (EMA’s) Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) adopted a positive opinion recommending a change to the terms of the marketing authorisation for the medicinal product polatuzumab vedotin (Polivy). The marketing authorisation holder for this medicinal product is Roche Registration GmbH …. (leggi tutto)






FDA Approves Alpelisib for PIK3CA-Related Overgrowth Spectrum

Apr 13, 2022 – On 5 April 2022, the US Food and Drug Administration (FDA) granted accelerated approval to alpelisib (Vijoice, Novartis Pharmaceuticals) for adult and paediatric patients two years of age and older with severe manifestations of PIK3CA-related overgrowth spectrum who require systemic therapy. Efficacy was evaluated using real-world data from the EPIK-P1 (NCT04285723)  … (leggi tutto)








Meeting highlights from the Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) 4-7 April 2022

Apr 08, 2022 – mRNA COVID-19 vaccines: PRAC finds no link with autoimmune hepatitis The PRAC has concluded that available evidence does not support a causal link between COVID-19 vaccines Comirnaty and Spikevax and very rare cases of autoimmune hepatitis (AIH). AIH is a serious chronic inflammatory condition in which the immune system attacks and damages the liver … (leggi tutto)





Dall’FDA

FDA Takes New Steps Regarding Evaluating Public Health Importance of Additional Food Allergens

Apr 18, 2022 – Today, the U.S. Food and Drug Administration issued a draft guidance that, when finalized, will outline the agency’s approach to evaluating the public health importance of food allergens that are not one of the major nine food allergens identified by law in the U.S (non-listed food allergens). Currently, the major food allergens are milk, eggs, fish, crustacean shellfish, tree nuts, … (leggi tutto)







FDA Roundup: April 15, 2022

Apr 15, 2022 – Today, the U.S. Food and Drug Administration is providing an at-a-glance summary of news from around the agency: On April 14, the FDA issued an emergency use authorization (EUA) to InspectIR Systems for their InspectIR COVID-19 Breathalyzer test. The InspectIR COVID-19 Breathalyzer test is the first COVID-19 diagnostic test that detects chemical compounds …. (leggi tutto)






Coronavirus (COVID-19) Update: FDA Authorizes First COVID-19 Diagnostic Test Using Breath Samples

Apr 14, 2022 – Today, the U.S. Food and Drug Administration issued an emergency use authorization (EUA) for the first COVID-19 diagnostic test that detects chemical compounds in breath samples associated with a SARS-CoV-2 infection. The test can be performed in environments where the patient specimen is both collected and analyzed, such as doctor’s offices, hospitals and mobile testing sites … (leggi tutto)







FDA Takes Important Steps to Increase Racial and Ethnic Diversity in Clinical Trials

Apr 13, 2022 – Today, the U.S. Food and Drug Administration issued a new draft guidance to industry for developing plans to enroll more participants from underrepresented racial and ethnic populations in the U.S. into clinical trials – expanding on the agency’s previous guidances for industry to improve clinical trial diversity. “The U.S. population has become increasingly diverse … (leggi tutto)

 


Dall’ASCO

 


Third Dose of COVID-19 Vaccine Significantly Increases Immune Responses in Most Patients With Multiple Myeloma

Apr 15, 2022 – Most immunocompromised people with multiple myeloma benefited from a third dose of COVID-19 vaccines—a promising sign after it was shown that two doses tended to not be sufficient for them. However, some people with multiple myeloma still remained vulnerable and may need a fourth dose or antibody treatments as restrictions lift and new variants emerge, according to (leggi tutto)







Education Session to Focus on the Role of Real-World Evidence in Improving Clinical Trials

Apr 14, 2022 – Historical approaches to clinical trial design have lacked real-world application in the intent-to-treat patient population. An Education Session will examine the full spectrum of clinical evidence and discuss the many ways that real-world data can help improve clinical trials. During the 2022 ASCO Annual Meeting Education Session “The Spectrum of Clinical Evidence: Real-World Data to Clinical Trials,” … (leggi tutto)

 





‘Doctor, What Should I Eat?’ Dietary Counseling for Patients With Cancer

Apr 14, 2022 – Nutrition affects morbidity and mortality in patients with cancer, yet oncologists do not adequately address this issue. Anti-inflammatory diets, including the Mediterranean diet, emphasize consumption of fruits, vegetables, whole grains, nuts, seeds, herbs, and spices. Avoid overly rigid dietary guidelines for patients with cancer; instead, focus on addressing common challenges … (leggi tutto)


 





Considerations for First-Line Metastatic Melanoma: Which Treatment Is Best?

Apr 13, 2022 – Metastatic melanoma remains a life-threatening disease in spite of contemporary therapeutic advances; its treatment is not “one size fits all.” Effective immunotherapy options for advanced melanoma include combination ipilimumab/nivolumab, single agent PD-1 therapy, and, more recently, combination relatlimab/nivolumab. The development of additional biomarkers (leggi tutto)

 





Novel COVID-19 Vaccine May Provide Protection for Patients With B-Cell Deficiencies

Apr 13, 2022 – CoVac-1, a new vaccine against SARS–CoV-2, induced T-cell immune responses in 93% of patients with B-cell deficiencies, including many patients with leukemia and lymphoma, according to results presented by Tandler et al at the American Association for Cancer Research (AACR) Annual Meeting 2022 (Abstract CT258) (leggi tutto)




Pillole dall’AIFA

15 aprile 2022 – Aggiornamento “Diario di bordo sulla Trasparenza”
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14 aprile 2022 – AIFA aggiorna le Liste di Trasparenza
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14 aprile 2022 – Rapporto sulle tempistiche delle procedure di prezzo e rimborso dei farmaci nel quadriennio 2018-2021
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11 aprile 2022 – Esiti della riunione della Commissione Tecnico Scientifica (CTS)
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