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4 Luglio 2011

DISLIPIDEMIE: NELLE PRIME LINEE GUIDA EUROPEE RITOCCATI I VALORI LIMITE

Secondo le stime più recenti della Società Europea di Cardiologia (ESC), la metà dei pazienti che soffre di dislipidemia, fattore di rischio chiave per le malattie cardiovascolari, non viene adeguatamente trattata. Sulla base di questo rilievo, esperti dell’ESC e della European Atherosclerosis Society (EAS) hanno sviluppato e pubblicato le prime linee guida europee sulla gestione delle dislipidemie. Obiettivo principale, aggiornare le raccomandazioni esistenti coi dati emergenti dagli ultimi studi per fornire consigli terapeutici per una vasta gamma delle patologie da alterato metabolismo dei lipidi, tenendo presente l’eventuale contemporanea diagnosi di diabete e sindrome metabolica. Nel documento, le lipoproteine a bassa densità (LDL) rimangono la principale priorità nella gestione dei lipidi. Tuttavia, gli obiettivi sono reindirizzati: i medici dovrebbero puntare a livelli di colesterolo LDL inferiori a 115 mg/dL in pazienti a rischio moderato, a 100 mg/dL in pazienti ad alto rischio e a 70 mg/dL e/o ad almeno il 50% di riduzione del livello esistente nei pazienti a rischio molto elevato, se la soglia indicata non può essere raggiunta. Oltre al colesterolo LDL come target chiave, le altre due opzioni introdotte nelle nuove raccomandazioni europee riguardano le non-lipoproteine ad alta densità (HDL), calcolate come colesterolo totale – HDL, e l’apolipoproteina B. Entrambi i parametri forniscono una stima attendibile dell’efficacia della terapia e in un prossimo futuro potrebbero rappresentare la scelta alternativa per il monitoraggio del trattamento – rilevano gli esperti dell’ESC -; il profilo combinato di alti livelli di trigliceridi e bassi livelli di colesterolo HDL (dislipidemia aterogenica) è comune in molti pazienti ad alto rischio, compresi quelli con diabete di tipo 2 e sindrome metabolica. Circa un terzo degli adulti in Europa evidenzia infatti trigliceridi > 150 mg/dL, con o senza basse HDL. Anche con livelli ben controllati di LDL, queste persone presentano alto rischio cardiovascolare: in tale gruppo, colesterolo non-HDL e apolipoproteina B vengono raccomandati quali obiettivi secondari della terapia. La gestione delle dislipidemie genetiche è un altro obiettivo importante evidenziato nelle nuove linee guida. L’iperlipidemia familiare combinata, caratterizzata da elevati livelli di LDL, trigliceridi o di entrambi i valori, colpisce circa una persona su 100. Anche questa forma dislipidemica, tuttavia, risulta comunemente sottodiagnosticata. “La maggior parte di questi pazienti – afferma il prof. Don Poldermans, responsabile dell’Unità cure cardiache dell’Erasmus Medical Centre di Rotterdam, Olanda – è identificata dopo un infarto, e solo dopo tale evento viene trattata dai cardiologi. Lavorando con i nostri colleghi clinici e concentrandoci sulla storia familiare e di screening, possiamo migliorare la diagnosi precoce e anticipare l’inizio del trattamento”.

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