domenica, 30 giugno 2024
Medinews
24 Marzo 2011

INTEGRAZIONE TRA TERAPIA SISTEMICA E CHIRURGIA NEL CARCINOMA RENALE METASTATICO LOCALMENTE AVANZATO

Prima del 2006 il trattamento del carcinoma renale metastatico localmente avanzato era chiaro: non erano disponibili terapie neoadiuvanti efficaci e le cure standard erano rappresentate da tecniche di resezione molto aggressive seguite da sorveglianza stratificata secondo il rischio. Solo a pazienti selezionati, a livello uno di evidenza, si somministrava immunoterapia adiuvante. Christopher G. Wood della University of Texas M.D. Anderson Cancer Center di Houston, nell’educational presentato all’apertura della giornata dedicata al cancro renale del simposio sui tumori genito-urinari dell’ASCO 2011, afferma che siamo entrati in una nuova era, quella in cui le conoscenze sulla biologia della carcinogenesi del tumore sono migliorate e sono state introdotte nuove terapie target, sia verso le tirosin-chinasi che verso la via di mTOR (leggi articolo originale). Vari studi stanno esaminando l’integrazione tra resezione e queste nuove terapie, anche in ambito pre-chirurgico o neoadiuvante. La letteratura sulla terapia adiuvante abbonda di studi negativi su agenti che hanno mostrato efficacia minima sulla malattia metastatica: sono immunoterapici, vaccini, ormoni e comprendono anche nuovi approcci anti-angiogenici. D’altra parte, però, esistono validi studi come l’Adiuvant Sorafenib or Sunitinib for Unfavorable Renal Carcinoma (ASSURE), il Sunitinib Treatment of Renal Adjuvant Cancer (S-TRAC) e il Phase III Randomized Double-blind Study Comparing Sorafenib to Placebo in Patients with Resected Primary Renal Cell Carcinoma at High or Intermediate Risk of Relapse (SORCE), sul ruolo degli inibitori delle tirosin-chinasi (come sunitinib o sorafenib) in terapia adiuvante. Un altro studio, invece, iniziato alla fine del 2010 sta valutando pazopanib, ma i primi risultati indicano che la tossicità di questi agenti può rappresentare un problema significativo per la compliance del paziente. Altro nuovo paradigma terapeutico è il trattamento neoadiuvante già utilizzato per tumori avanzati di vescica, colon-retto e polmone, che si sta cercando di applicare anche al carcinoma renale metastatico o localmente avanzato. Ovviamente esistono vantaggi (‘downstaging/sizing’ con maggiore applicazione di nefrectomia ‘nephron-sparing’, passaggio da non operabile a operabile, diagnosi più favorevole, riduzione del carico tumorale, selezione di pazienti recettivi) e svantaggi (maggiore morbilità chirurgica, progressione in terapia, alterazione della biologia del tumore) che richiedono ulteriori studi. Anche se sono riportati casi clinici di regressione drammatica del tumore, questo non rappresenta la regola ma l’eccezione, come risulta da una recente pubblicazione del M.D. Anderson Cancer Center che ha esaminato retrospettivamente la risposta del tumore primario alla terapia neoadiuvante in più di 160 pazienti in cui accanto ad un certo numero di regressioni si sono verificate molte progressioni del tumore. La terapia target, dunque, potrebbe essere usata come criterio di selezione, cioè come cartina di tornasole (‘litmus test’), per selezionare i pazienti che potranno beneficiare della resezione associata alla terapia target sistemica.


Renal Cancer Newsgroup – Numero 3 – Marzo 2011
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