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Medinews
10 Luglio 2013

LOBBY DI AZIENDE FARMACEUTICHE STATUNITENSI CONTRO LE VERSIONI GENERICHE DEI BIOLOGICI

Le aziende biotecnologiche hanno recentemente iniziato un’attività di ‘lobbying’ per cercare di fermare, o comunque rallentare, l’introduzione delle versioni generiche di farmaci biologici molto costosi. I governi dei singoli stati nordamericani stanno introducendo leggi che potrebbero rendere difficile ai medici prescrivere, e quindi ai pazienti ricevere, le versioni più economiche di questi agenti biologici. I generici dei farmaci biologici, noti come biosimilari, poiché prodotti attraverso processi biologici, sono più complessi dei farmaci ottenuti per sintesi chimica e presentano una maggiore variabilità del procedimento stesso di produzione. I biologici ‘originator’, più costosi, includono farmaci come rituximab, trastuzumab e bevacizumab, che perderanno la copertura brevettuale nei prossimi anni. Per questo l’Agenzia statunitense Food and Drugs Administration (FDA) sta sviluppando regole di ‘intercambiabilità’ per approvare i biosimilari di questi prodotti. Tali farmaci coprono circa il 25% della spesa farmaceutica annuale statunitense che ammonta a 320 miliardi $ (equivalenti a 205 miliardi £ e a 235 miliardi €). Il 28 gennaio scorso è apparso un articolo sul New York Times che accusava le aziende biotecnologiche Genentech e Amgen di sostenere alcune lobby nei governi locali degli Stati Uniti per rallentare l’introduzione dei biosimilari. Ad oggi, leggi sui biosimilari sono state introdotte in 8 stati americani; una di queste, in Virginia, obbliga i farmacisti che dispensano biosimilari a dichiarare la sostituzione al medico che prescrive il farmaco e a registrare il nome del prodotto e del produttore sulla ricevuta e sull’etichetta della prescrizione (‘dispensing record’ e ‘prescription label’). In una dichiarazione, Amgen che produce etanercept ed epoetina alfa afferma che queste misure sono necessarie per proteggere i pazienti, confermando la struttura complessa di questi prodotti e quindi la maggiore possibilità di reazioni immunitarie e la maggiore sensibilità in termini di conservazione e dispensazione. Quindi, secondo i responsabili di Amgen, è necessario migliorare il monitoraggio di sicurezza di questi biologici biosimilari. In una risposta al quotidiano americano, il presidente della Generic Pharmaceutical Association ha affermato che queste leggi confermano l’opposizione delle due Aziende Biofarmaceutiche alla libertà di prescrivere queste medicine salva-vita ancora prima della loro approvazione. Nel frattempo, le associazioni mediche stanno a ‘guardare’. Nell’editoriale della dottoressa Miriam E. Tucker, pubblicato sul British Medical Journal, il presidente del Comitato di Ricerca dell’American College of Reumathology, Bruce N. Cronstein, ha affermato che data la complessità dei biosimilari il problema dovrebbe essere discusso a livello nazionale (Stati Uniti) per la maggiore esperienza sia dal punto di vista regolatorio che scientifico. Inoltre, ha aggiunto che anche se i biosimilari fossero più economici degli ‘originator’ il risparmio non sarebbe così forte da eguagliare quello di una normale competizione tra farmaci, perché i costi di produzione incidono molto sul costo finale dei biologici. Anche per Sandra M. Swain, presidente dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), questo è un argomento molto importante e, afferma, la sfida è bilanciare le preoccupazioni relative ai costi con la necessità di innovazione in modo da favorire la distribuzione di un trattamento sicuro ed efficace. L’ASCO, dunque, spera che le versioni generiche dei farmaci antitumorali possano essere prodotte per offrire un beneficio equivalente ai pazienti, ma a un costo ridotto.
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