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24 Marzo 2011

SOSPENSIONE DEL TRATTAMENTO CON AGENTI TARGET ANTI-VEGF IN PAZIENTI CON CARCINOMA RENALE METASTATICO

Il trattamento con agenti anti-VEGF in pazienti selezionati permette il controllo della malattia. La pratica standard, nel carcinoma renale metastatico, con agenti target verso VEGF è il trattamento continuo fino a progressione della malattia (PD) o tossicità inaccettabile; alcuni pazienti presentano tossicità cronica da lieve a moderata e rischio di tossicità nel lungo termine. Si è ipotizzato che una parte dei pazienti con iniziale risposta alle terapie target possa mantenere il controllo della malattia rispetto all’uso di altri trattamenti per un certo periodo di tempo. Lo studio retrospettivo presentato nella giornata dedicata al cancro renale del simposio sui tumori genito-urinari dell’ASCO 2011 (leggi abstract originale) da ricercatori francesi ha interessato pazienti con carcinoma renale metastatico che avevano iniziato la terapia target anti-VEGF tra gennaio 2004 e novembre 2009. I pazienti hanno ottenuto controllo della malattia con il trattamento, che poi è stato sospeso: 30, trattati con nefrectomia, presentavano istologia a cellule chiare, 9 dei quali sono stati sottoposti a immunoterapia. Al momento in cui il trattamento è stato interrotto, 16 pazienti stavano ricevendo sunitinib, 7 sorafenib (2 in combinazione con AMG 386) e 7 bevacizumab (6 in combinazione con temsirolimus, 1 con IFN-alfa). Sei pazienti avevano ottenuto risposta completa, 19 parziale e 5 stabilizzazione, secondo la classificazione RECIST. Usando i criteri per i gruppi prognostici del rischio di Heng, 14 pazienti erano in classe di rischio favorevole, 14 intermedio e 2 sfavorevole prima di iniziare il trattamento con terapia target anti-VEGF. La terapia ha indotto gravi effetti avversi in 5 pazienti (2 Mi e 3 CVA), tossicità in 16 (4 diarrea, 3 reazioni cutanee, 3 proteinuria, 2 reazioni cardiache, 1 fatigue, stomatite, polmonite e nausea) e ha reso necessari interventi chirurgici in 2 (angioplastica e calcolosi renale). Il follow-up mediano è stato di 29 mesi (range: 11 – 82) e la durata mediana del trattamento prima della sospensione è stata di 14.6 mesi (range: 3 – 79). Tredici pazienti (43%) hanno sviluppato PD dopo la sospensione (6 ai linfonodi, 8 ai polmoni, di cui 3 con nuove lesioni, 2 al cervello, uno con nuove lesioni, uno alle ossa) con una PFS mediana di 10 mesi (range: 3 – 27). Dopo PD, 4 pazienti hanno ricevuto sunitinib, pazopanib, everolimus e radiofrequenza locale e 6 hanno continuato il trattamento. Ad un follow-up mediano aggiornato di 7.5 mesi (range: 2 – 28), 17 pazienti (57%) ancora non avevano sviluppato PD secondo RECIST. Gli autori suggeriscono ulteriori studi per definire i rischi e i benefici di questo approccio terapeutico.


Renal Cancer Newsgroup – Numero 3 – Marzo 2011
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