lunedì, 1 luglio 2024
Medinews
20 Luglio 2011

STUDIO TORAVA: EFFETTO DELLA COMBINAZIONE BEVACIZUMAB-TEMSIROLIMUS IN PAZIENTI CON CARCINOMA RENALE AVANZATO

La tossicità dell’associazione è più alta di quanto anticipato e limita la durata del trattamento; a questo si somma una bassa attività clinica rispetto alla terapia target sequenziale

La combinazione di terapie target per il carcinoma renale è stata suggerita come possibile soluzione per migliorare l’efficacia del trattamento. Ricercatori dell’Università di Lione, Centre Léon Bérard, hanno valutato il potenziale effetto sinergico o additivo della combinazione di bevacizumab, diretta contro il recettore del VEGF, e temsirolimus, un inibitore di mTOR, nel carcinoma renale metastatico. TORAVA è uno studio di fase 2, aperto, multicentrico, randomizzato, che ha interessato 24 centri in Francia. I pazienti di età superiore a 18 anni, che avevano carcinoma renale metastatico non trattato, sono stati randomizzati (2:1:1) a ricevere la combinazione di bevacizumab (10 mg/kg ogni 2 settimane) e temsirolimus (25 mg alla settimana; gruppo A) o uno dei trattamenti standard con sunitinib (50 mg/die per 4 settimane seguite da 2 di sospensione; gruppo B) o la combinazione di interferone-alfa (9 mIU tre volte a settimana) e bevacizumab (10 mg/kg ogni 2 settimane; gruppo C). La randomizzazione generata al computer a blocchi di 4 e 8 pazienti, stratificati per centro di partecipazione e performance status ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) è stata eseguita centralmente e indipendentemente da altre procedure dello studio. Endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 48 settimane (con 4 esami TC di follow-up) che si stimava superiore al 50% nel gruppo A. L’analisi era ‘intention-to-treat’ e lo studio non è stato chiuso per permettere la valutazione della sopravvivenza globale a lungo termine. Tra il 3 marzo 2008 e il 6 maggio 2009, sono stati arruolati 171 pazienti: 88 assegnati al gruppo A, 42 al gruppo B e 41 al gruppo C. I risultati dello studio pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology (leggi abstract originale) indicano una PFS a 48 settimane del 29.5% (26 di 88 pazienti, IC 95%: 20.0 – 39.1) nel gruppo A, del 35.7% (15 di 42 pazienti, IC 95%: 21.2 – 50.2) nel gruppo B e del 61.0% (25 di 41 pazienti, IC 95%: 46.0 – 75.9) nel gruppo C. La PFS mediana è stata di 8.2 mesi (IC 95%: 7.0 – 9.6) nel gruppo A, di 8.2 mesi (IC 95%: 5.5 – 11.7) nel gruppo B e di 16.8 mesi (IC 95%: 6.0 – 26.0) nel gruppo C. Degli 88 pazienti nel gruppo A, 45 (51%) hanno interrotto il trattamento per ragioni diverse dalla progressione, rispetto a 5 di 42 (12%) nel gruppo B e 15 di 40 (38%) nel gruppo C. Eventi avversi di grado 3 o più alto sono stati riportati da 68 degli 88 pazienti (77%) nel gruppo A, rispetto a 25 dei 42 (60%) nel gruppo B e a 28 di 40 (70%) nel gruppo C. Eventi avversi gravi sono stati riportati da 39 degli 88 pazienti (44%) nel gruppo A, da 13 dei 42 (31%) nel gruppo B e da 18 dei 40 (45%) nel gruppo C. In conclusione, la combinazione di temsirolimus e bevacizumab ha mostrato una tossicità più elevata di quanto anticipato che limita il suo utilizzo nel tempo. Inoltre, l’attività clinica è bassa rispetto al beneficio atteso dal trattamento sequenziale di ciascuna terapia target. La combinazione non può quindi essere raccomandata come trattamento di prima linea per i pazienti con carcinoma renale metastatico.


Renal Cancer Newsgroup – Numero 7 – Luglio 2011
TORNA INDIETRO